Il Presidente Napolitano: «Bisogna difendere l’ambiente anche nella crisi»
Coniugare tutela dell’ambiente e sviluppo economico è possibile, anzi doveroso. Ne è convinto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che, rispondendo ad una domanda degli studenti in occasione della “Festa d’autunno” a Castelporziano, alla quale era presente anche il ministro per l’Ambiente Stefania Prestigiacomo, ha detto: «Se teniamo il legame stretto e positivo che c’è tra difesa dell’ambiente e impegno per lo sviluppo economico troveremo le soluzioni compatibili».
Napolitano ha voluto proprio legare il tema della crisi economica con quello, irrinunciabile, della difesa dell’ambiente. «Stiamo entrando in un periodo di gravi difficoltà economiche e finanziarie. Penso ci sia il rischio di farci dominare da queste preoccupazioni concentrandoci su di loro».
Napolitano mette in guardia dal rischio di considerare la tutela dell’ambiente e la giusta amministrazione delle risorse naturali come un fastidio. «C’è un legame stretto positivo e non negativo – aggiunge – tra difesa dell’ambiente e impegno per la crescita economica». Un compito che certamente, conclude Napolitano, «spetta ai Governi».
Napolitano ha anche ribadito il suo «senso di vergogna» per l’emergenza rifiuti a Napoli, «perché i napoletani non meritano di essere indicati nel mondo come quelli che non tutelano la pulizia», e ha spezzato una lancia in favore della costruzione del termovalorizzatore di Acerra. «Credo lo si dovesse costruire prima», ha sottolineato, «senza opporsi come se fosse una macchina diabolica. Quello che era da evitare erano i rifiuti per strada».
Parole di apprezzamernto per il presidente della Repubblica sono arrivate da Greenpeace Italia, che le ha definite «un raggio di luce nelle tenebre del dibattito italiano su clima ed energia. In un paese che si sta sempre più isolando a livello mondiale, il richiamo alla necessità di tutelare l’ambiente anche in presenza di una congiuntura economica difficile – sottolinea l’associazione ambientalista – acquista ancora più importanza».
Fonte: ilsole24ore
LOTTIZZAZIONE ABUSIVA A SCICLI. 18 CONDANNE E 8 ASSOLUZIONI DEL TRIBUNALE DI MODICA
18 condanne e 8 assoluzioni.
Così ha deliberato dopo oltre 10 ore di camera di consiglio, il giudice unico del Tribunale di Modica, Sandra Levanti, a conclusione del processo riguardante la maxi lottizzazione abusiva, su appezzamenti di terreno frazionata in molte parti, a carico di 23 modicani, 2 palermitani ed uno sciclitano, che avevano in “concessione” gli immobili a Sampieri.
Assolti per non avere commesso il fatto: Francesco Gravina Penna, Concetta e Gabriele Alvich, difesi dall’avvocato Giuseppe Giacomia, Giancarlo Iemmolo, Rosa Di Martino, Michele Paolino e Gabriele Moncada, difesi dall’avvocato Fabio Borrometi, e Giuseppa Caruso, difesa da Rinaldo Occhipinti.
Condanne a 6 mesi di arresto ciascuno e pene pecuniarie pari a 32 mila euro a persona per Salvatore Giurdanella, Loredana Alfano, difesi da Occhipinti, Maria Iemmolo, Rosario Arena e Gianfranca Di Martino, difesi da Angelo Iemmolo, Vincenzo Spadaro, difeso da Carmelo Scarso, Carmelo Floridia, Rosario Occhipinti e Vincenzo Selvaggio, difesi da Fabio Borrometi, Giovanni Mallia Abate e Maria Modica Agnello, difesi da Vincenzo Iozzia, Salvatore Belluardo e Luciana Belluardo, difesi da Salvatore Poidomani, Giovanni Carpenzano, difeso da Carmelo Ruta, Giorgio Di Martino e Rosa Nifosì, difesi da Giovanni Giurdanella. Pena più pesante per Emanuele Mormino, difeso dall’avvocato Michele D’Urso, condannato a 9 mesi di arresto e 48 mila euro di ammenda. Concetta Basile, patrocinata da Angelo Iemmolo, è stata condannata a 7 mesi si arresto e 35 mila euro di ammenda. Tutti, ad eccezione degli 8 assolti, sono stati condannati, inoltre, al risarcimento danni in favore della costituita parte civile, ossia il Comune di Scicli, da liquidarsi in separata sede davanti al competente giudice civile, nonché alla rifusione, in favore dello stesso Comune, delle spese processuali, liquidati in 2.250 euro.
Il giudice ha, altresì, ordinato la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite nonché, se non altrimenti eseguita, la demolizione delle opere stesse a cura del Comune di Scicli ed a spese degli imputati dichiarati colpevoli. Il pubblico ministero, Veronica Di Grandi, aveva chiesto al termine la pena ad un mese di arresto e 31 mila euro di ammenda ciascuno. Secondo l’accusa, tutti avrebbero realizzato, in concorso tra loro, e senza la prescritta autorizzazione, una lottizzazione abusiva mista, formata cioè da materiale e negoziale, a scopo edilizio in un ampio stacco di terreno che si trova in Contrada Renelle Trippatore a Scicli, esteso oltre 13 mila metri quadrati, e di altre due strisce di suolo, poco più ad est, appartenenti alla stessa particella catastale, rispettivamente di 740 e 2470 metri quadrati, mediante la formazione di 21 lotti di superficie media di 400-800 metri quadrati ciascuno(in qualche caso minore o maggiore)e la costruzione di altrettanti fabbricati in gran parte allo stato rustico, quasi tutti “tamponati” e con gli infissi esterni installati e con caratteristiche costruttive diverse, eccetto alcuni che risultano identici e speculari, nonché attraverso la vendita del terreno in lotti.
Tutto ciò avrebbe comportato una trasformazione urbanistica ed edilizia dell’area interessata, destinata dal vigente Piano Regolatore Generale del Comune di Scicli come zona agricola “E”, in un nuovo insediamento urbano a scopo residenziale, senza la necessaria realizzazione di opere di urbanizzazione primarie e secondarie ed in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici. Il tutto eseguito in un’area interessata dal vincolo di inedificabilità della fascia costiera e dal vincolo paesaggistico. I fatti furono accertati nel mese di settembre del 2004.
Fonte: RTM (more…)
La riserva del pino d’Aleppo: terra di nessuno
La Riserva di nessuno. Vi entrano tutti, quando e come vogliono, con le motociclette per il cross, con i Suv e i fuoristrada 4×4. Sono stati filmati e fotografati dagli ambientalisti della Casa della Sinistra di Vittoria. Il documento visivo è finito su Youtube per una denuncia forte che non mancherà di provocare polemiche.
«L’assessore provinciale Salvo Mallia- scrive la Casa della Sinistra di Vittoria aveva dichiarato tolleranza zero nei confronti di chi viola la riserva. Tutto è rimasto invariato. La riserva è di nessuno». Qualcuno domenica 5 ottobre è entrato nella riserva ed ha ripreso le sequenze dei 4 fuoristrada che si fanno largo negli impervi percorsi fra alberi e cespugli.
«Sono due fuoristrada di piccole dimensioni- scrive il partito della Sinistra- equipaggiati di nastri evidenziatori di colore rosso e bianco, badili e motoseghe, si avviano in piena zona «A» per aprire un passaggio, renderlo riconoscibile, quindi ripercorribile. La durata dei lavori per aprire il varco, la serenità degli operatori nell’agire, il fracasso dei mezzi usati, motoseghe comprese, che per noi civili cittadini risulta come una rapina a volto scoperto, la dice lunga sulla gestione e sulla sorveglianza della Riserva».
E questo è niente, rispetto alla denuncia forte sul mancato arrivo dei soggetti preposti alla tutela della riserva. «Abbiamo tentato invano di informare gli organi competenti trovando solo numeri irraggiungibili e segreterie telefoniche. Sono le ore 14,00 di una pessima domenica assolata e le motoseghe imperversano aggredendo sia la macchia mediterranea che i pini d’Aleppo».
E c’è di più, la domenica successiva, il 12 ottobre, ad attraversare la pista questa volta sono quattro «SUV», vengono da fuori apposta allo scopo di perfezionare il percorso. Lo delimitano come per renderlo ufficiale e come se la riserva avesse trovato una nuova gestione, alla stregua di una tacita privatizzazione del bene protetto. Gli ambientalisti non mancano di ricordare che la «Riserva è un’area protetta istituita con decreto assessoriale n.° 536/90 dell’Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Sicilia. La scelta risultò lungimirante se si pensa che oggi la Comunità Europea ha dichiarato il bene sito di interesse comunitario».
Oltre a denunciare, gli ambientalisti fanno anche delle proposte. «Alla luce di quanto esposto non chiediamo nulla al politico di turno per evitare che ci risponda: «Da oggi tolleranza zero»: agli organizzatori dei raduni dei 4×4 di continuare a gestire gli eventi senza interessare aree protette; alle guardie della Riserva un controllo capillare del territorio per scoraggiare ogni abuso. Infine proponiamo l’istituzione di un numero telefonico, realmente attivo, a cui rivolgersi per denunciare, soprattutto nei giorni festivi, gli oltraggi perpetrati a danno del nostro polmone verde».
Fonte e foto: Corriere di Ragusa
La memoria di La Torre non si cancella
Succede in Italia che in base a un sondaggio si decida di cancellare l’intitolazione dell’aeroporto cittadino al padre della legge sul sequestro dei beni ai mafiosi, per sostituirlo con il nome di un generale che conquistava villaggi africani con i gas nervini.
Succede in Italia che la piazza di Comiso si riempia in un sabato pomeriggio di oltre 2.000 persone per dire no alla cancellazione di Pio La Torre e chissà che il sindaco non commissioni un nuovo sondaggio e decida di fare marcia indietro. Gli sarebbe bastato ascoltare gli interventi dal palco, quello del segretario del PD, Walter Veltroni, quello di Franco La Torre, o anche leggere il messaggio arrivato dal Quirinale: \”Le sue battaglie raccolsero un vasto consenso popolare, e lo esposero alle minacce della mafia, di cui cad de vittima in un sanguinoso agguato che mirava a far tacere la sua voce e bloccare il processo di rinnovamento e di sviluppo dell\’Isola. Tuttavia la sua testimonianza non fu vana: essa divenne patrimonio generale del popolo siciliano, aldilà delle differenti opinioni politiche, e favorì la nascita di un comune sentire e di movimenti unitari che hanno rinsaldato la trama della democrazia\”. Si può chiamare memoria, si può chiamare riconoscenza, ma il sindaco Giuseppe Alfano, di Alleanza Nazionale, non sembra avere né l’una né l’altra nei confronti del segretario del Pci siciliano e padre della legge sul sequestro dei beni ai mafiosi, ucciso da Cosa nostra nel 1982, legato alla città in provincia di Ragusa anche per la lotta in favore della smilitarizzazione della base di Comiso.
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Eppure, come ha detto Walter Veltroni dal palco “la lotta alla mafia non è di una parte, deve impegnare tutti. I temi della legalità e della lotta alla mafia non sono in questo momento centr ali, ma invece lo devono essere. Ci sono dei valori simbolici ed educativi – ha detto Veltroni – cosa si vuole mandare a dire ai ragazzi quando si decide di togliere il nome di un democratico e di un combattente per la legalità ? Che messaggio si vuole dare? Un messaggio comunque sbagliato! Cancellare il nome di Pio La Torre dall\’aeroporto di Comiso è come dire che chi stava dalla parte dell\’occupante e chi liberò l\’italia sono gli stessi. Rispetto per le vittime si, ma non cancellazione della storia di questo Paese e del sacrificio di tante persone. È inconcepibile che un sindaco, sulla base di sondaggi, ha deciso di togliere all\’aeroporto di Comiso il nome di un uomo che ha perduto la sua vita per combattere la mafia. Questo la dice tutta sull\’Italia di oggi e la dice tutta su chi governa questo comune e non solo\”. Un sindaco a cui il segretario del PD ha ricordato che \”Pio La Torre era un uomo fantastico, un autentico combattente contro la mafia, contro i poteri criminali e per la pace. Che il suo nome fosse sull\’aeroporto di Comiso penso fosse giusto e fosse anche un titolo di onore per questa città \”. Concetti che si potrà provare a spiegare al sindaco, ma non finché non tornerà sui suoi passi.
E\’ questo il senso del no di Veltroni ad un incontro: \”Non vedo cosa dobbiamo dirci con il sindaco di Comiso, Giuseppe Alfano, che ha fatto una scelta inspiegabile. Quando avrà fatto quello che tutte le persone ragionevole chiedono, lo incontrerò volentieri. Le parole del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, interpretano il sentimento di tutti gli italiani\”. Dal palco Veltroni racconta di avere anche telefonato al presidente della Camera, Gianfranco Fini: \”Ho manifestato il mio stupore ma non vi riferisco cosa mi ha risposto. Se vuole lo dice lui. Chi ha preso questa decisione ha messo in difficoltà anche la sua parte politica. Mi auguro che tante persone ragionevoli che ci sono nella destra facciano capire a questo sindaco questo inammissibile errore\”. A farglielo capire ci ha provato il “Centro Studi e iniziative culturali Pio La Torre†che ha organizzato la manifestazione a cui ha aderito il PD, l\’associaizone Articolo 21, i sindacati, i sindaci di una ventina di comuni siciliani, esponenti della cultura come Andrea Camilleri, Vincenzo Consolo, Giuseppe Tornatore.
Tutti uniti per impedire il ritorno sulle targhe stradali dell’ Aerporto Vincenzo Magliocco, generale dell\’aeronautica durante il ventennio fascista. L\’aeroporto era stato intitolato a La Torre il 30 aprile del 2007, nel venticinquesimo anniversario dell\’agguato mafioso in cui cadde a Palermo. Sul palco con Veltroni anche Giuseppe Giulietti, di Articolo 21, il segretario regionale della Cgil, Italo Tripi, Fabio Mussi di Sinistra democratica, e Franco La Torre, figlio del dirigente comunista ucciso. Cancellando il nome di La Torre, ha detto il figlio, \”sono stati messi in discussio ne principi fondamentali della democrazia, cui non si puo\’ venir meno se non si vuole mettere in discussione la convivenza civile. Sono grato a quanti sono pronti a difendere quei principi, come fece mio padre, un uomo e un denmocratico dedito alla legalità e alla pace\”. “Protestare contro la cancellazione dell\’intitolazione dell\’aeroporto di Comiso a Pio La Torre è un dovere civico, non solo politico – ha spiegato Francantonio Genovese, segretario regionale del Pd – Questa manifestazione servirà anche ad impedire che quel che è accaduto a Comiso, offendendo la memoria di Pio La Torre, si possa ripetere altrove oltraggiando eroi caduti nella lotta alla mafia come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Basti ricordare le parole dell\’allora presidente dell\’Ars, Gianfranco Miccichè, secondo il quale l\’attuale intitolazione dell\’aeroporto di Palermo danneggia il turismo. Una battaglia la nostra non solo in difesa della memoria di un grande politico siciliano vittima della ma fia ma, soprattutto, a sostegno di quei valori di legalità , pace e di giustizia sociale che sono stati sempre al centro del suo impegno politicoâ€. “Qui venivano ragazzi da tutto il mondo – dice il capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro – ed è quasi ridicolo voler cambiare un nome che è così simbolico nell\’immaginario non solo siciliano. È inspiegabile questa piccola rivincita, inutile e dannosa. Avevamo chiesto al sindaco di revocare la sua decisione e invece c\’è la sua pervicacia, che è assolutamente inspiegabileâ€.
E da destra alla voce del corteo si aggiunge quella del vicepresidente della Regione siciliana Titti Bufardeci. “Condivido in pieno la manifestazione per intitolare l\’aeroporto di Comiso a Pio La Torre, il segretario del Pci siciliano ucciso dalla mafia – ha spiegato la Bufardeci – La Torre è un eroe di tutti i siciliani e il suo impegno è un patrimonio che accomuna tutti noi nella battaglia per la legalità , la libertà e contro le mafie. Non si p uò cancellare la storia e credo si dovrà tenere conto della mozione unitaria che il parlamento regionale discuterà la settimana per ripristinare l\’intitolazione dell\‘aeroporto di Comiso a Pio La Torre\”.
Anche il segretario regionale dell\’MPA, il partito del governatore siciliano Raffaele Lombardo, in una nota ricorda: \”Abbiamo sottoscritto il documento del Pd per il mantenimento della memoria di Pio LaTorre, ogni altra ipotesi è per noi assurda\”. Poche ore prima della manifestazione era intervenuto anche il presidente di Confindustria Sicilia, Ivanhoe Lo Bello: \”Spero che il sindaco e la giunta di Comiso tornino sulla propria decisione cancellando il provvedimento con il quale si rimuove l\’intitolazione dell\’aeroporto a Pio La Torre. E\’ una decisione che non comprendo. La Torre è una delle figure piu\’ limpide della recente storia siciliana. Lui e Rosario Di Salvo (l\’autista ucciso insieme con l\’ex dirigente Pci)insieme con le loro famiglie hanno pagato un prezzo a ltissimo per la forte e determinata opposizione a Cosa nostra. A Pio La Torre dobbiamo una delle più importanti innovazioni legislative nella lotta alla mafia. Per tutto ciò raccolgo l\’appello del centro Pio La Torre, la sua storia e la sua memoria appartengono a tutti i siciliani. Per questo trovo incredibile la decisione della giunta comunale di Comiso\”. Alfano potrebbe conservare uno dei lanci d\’agenzia sulla manifestazione. \”Chi fa il sindaco, indossa la fascia tricolore, ha il dovere di rappresentare tutti i cittadini, anche quelli che non lo hanno votato. Che facciamo cambiamo i nomi delle strade in base a chi vince le elezioni? Questo sarebbe un regime, ma per fortuna in Italia non siamo in un regime. In Italia c\’è ancora la democrazia\”.
E\’ un ANSA delle 18 e 44 dell\’11 ottobre, titolo: \”Veltroni, l\’Italia non è un regime\”.
Il «modello» Ragusa cade sull’inquinamento
È uno dei pochi casi in cui arriva dopo e non prima delle altre città siciliane. Ed è, questo, un record per una città come Ragusa che del primato negli indicatori economici, insieme ai paesi della provincia, ha fatto un motivo di orgoglio. Portata a esempio di sviluppo, la città modello capoluogo di una provincia modello, scricchiola, mostra qualche affanno, non riesce a tenere il passo. E scivola giù, nell’annuale classifica sull’Ecosistema urbano elaborata da Legambiente in collaborazione con «Il Sole 24 Ore».
Così l’edizione 2008 riserva al capoluogo ibleo un tristissimo 103° posto, l’ultimo nella classifica elaborata dall’Istituto di ricerche Ambiente Italia. Tre posti in meno rispetto alla classifica dell’anno scorso. Ed è forse una retrocessione talmente impercettibile da far dire a Antonio Calasanzio, direttore della Confindustria iblea, che certamente «il modello Ragusa comincia a mostrare qualche crepa. Delle infrastrutture neanche parliamo forse perché siamo abituati a farne a meno». Sa bene, il direttore di Confindustria, che l’assenza di infrastrutture ha avuto e continua ad avere un peso enorme su questa piccola cittadina di poco più di 72mila abitanti e sull’intera provincia.
La città del barocco stenta: oggi può proporre 18 monumenti inseriti nella lista Unesco (insieme agli altri della Val di Noto) e ciò serve ad attrarre un turismo qualificato. Ma questo territorio, storicamente disseminato di trivelle alla ricerca di petrolio, oggi è alle prese con una pesante (e «futile» dice Calasanzio) polemica sulle ricerche di gas da parte degli americani della Panther Oil. Comunque queste rischiano di diventare note a margine di una situazione che sul piano strutturale si è fatta negli anni sempre più pesante. «Stiamo recuperando – dice il sindaco Nello Di Pasquale, a capo di un’amministrazione di centrodestra da poco più di un anno e mezzo –. La città oggi è un cantiere e io vorrei scrivere una lettera ai miei concittadini per chiedere scusa per il disagio che stiamo arrecando».
Intanto l’ecosistema è stato ed è fortemente condizionato dalla qualità del trasporto pubblico urbano (si veda articolo in basso), ma anche dal tasso di automobili circolanti: con 68 mezzi circolanti ogni cento abitanti, Ragusa si piazza all’88° posto in Italia. Il risultato peggiore tra i 9 capoluoghi di provincia siciliani. Se poi prendiamo la percentuale di auto Euro 3 ed Euro 4 il capoluogo ibleo si piazza al 90° posto con il 30% del totale di auto a pari “merito” con Trapani e meglio, per rimanere alle città siciliane, di Catania ed Enna. Inutile parlare di qualità dell’aria: dalla presenza di polveri sottili nell’aria a quella di benzene, tutti i dati necessari per fare una valutazione non sono disponibili. E in una città al 103° posto in Italia per consumo pro capite di carburante ciò non è ovviamente un buon segnale. Anche se il sindaco rassicura: «Ci sono le centraline e il monitoraggio viene fatto».
Ma non c’è solo questo tra i punti critici di Ragusa: «È peggiorata nettamente la gestione della raccolta dei rifiuti solidi urbani (Rsu), ci sono alti consumi di energia elettrica e grosse perdite nell’acquedotto, c’è un abusivismo strisciante, la frazione di Marina di Ragusa nel periodo estivo scoppia» elenca, puntualmente, il presidente della Legambiente iblea Claudio Conti. Proprio il dato sui rifiuti fa di Ragusa un simbolo: al settimo posto in Italia per produzione di Rsu con 463,1 chili per abitante l’anno, la città si piazza al centesimo posto per raccolta differenziata che è ferma al 3,1% della produzione di Rsu.
Lo stesso sindaco riconosce che sì, sul fronte «della raccolta differenziata è necessario fare di più». Ma è sempre il sindaco che mette sul piatto i 68 milioni stanziati per interventi nel centro storico, per la costruzione di nuovi parcheggi e nuove isole pedonali: i lavori sono in corso o in via di appalto. Con interventi in un’area già di suo abbastanza buona: nella classifica di Ecosistema urbano Ragusa si piazza al sedicesimo posto per ciò che riguarda le isole pedonali.
Ma retrocede miseramente quando si tratta di valutazioni che riguardano zone a traffico limitato, piste ciclabili, fino a crollare per quanto riguarda il verde urbano totale: penultima in classifica.
di Nino Amadore
Ilsole24ore
Rapporto di Legambiente sulle città più verdi
Città verdi: ok Belluno, ko Frosinone
Lo studio confronta 103 città sulla base di 125 parametri ambientali. E continua ad avanzare la cementificazione: siamo a 813 chili di cemento a testa, contro i 625 della media europea
Roma, 13 ottobre 2008 - Nord Est e Toscana sul podio delle città più verdi e vivibili d’Italia. Belluno si conferma per la seconda volta consecutiva con il punteggio più alto (74,63) per i 125 parametri ambientali considerati nel consueto rapporto di Legambiente sull’ecosistema urbano che coinvolge 103 città .
Al secondo posto Siena (70,24), terza è Trento (67,96). La classifica è dominata dai capoluoghi del centro nord e per trovare una città del centro sud bisogna scendere alla 35ma posizione con Cagliari che registra 56,09 punti, ma le città delle Isole e del Sud occupano ben 15 delle ultime 20 posizioni.
All’ultimo posto c’è Frosinone (28,04), preceduta da Ragusa (32,85) e Catania (34,73). Nel capoluogo laziale parecchio smog, un trasporto pubblico quasi inesistente, un altissimo tasso di motorizzazione (73 auto ogni 100 abitanti). La media complessiva italiana è di 51,96 punti, in leggero miglioramento rispetto al rapporto precedente (50,55).
Nella top ten sparisce la Lombardia che è rappresentata al 12mo posto da Mantova. Tra le prime dieci, oltre a Siena, anche Prato, ma anche due città della Liguria, Savona settima e La Spezia nona. Quarto posto per Verbania, quinta Parma, sesta Bolzano. La decima posizione è occupata da Venezia. Tra le città più grandi guadagna posizioni Milano che passsa dal 58mo al 49mo posto.
Scende Roma che perde 15 posizioni e passa dalla 55ma alla 70ma posizione. Roma ha un inquinamento atmosferico leggermente più basso rispetto a Milano, ma per il resto la Capitale mette in fila una serie di risultati negativi: Milano ad esempio batte Roma in raccolta differenziata (31% a 17%), per le isole pedonali, le piste ciclabili.
Tra le città con oltre 200mila abitanti Genova e Venezia sono le migliori, Catania la peggiore alla posizione 101. Il meridione, in generale, è ancora indietro: male le città di Napoli e Palermo che restano ancora in coda alla classifica con la 98ma e la 88ma posizione.
Spicca il salto di Bari che guadagna 22 posizioni rispetto allo scorso anno e si porta al 60mo posto. Tra la prima e l’ultima classificata di Ecosistema urbano “c’è un baratro”. I migliori progrediscono, i peggiori sembrano quasi arretrare e le distanze “si esasperano”. Gli ultimi non sono i più poveri “in parte sì – scrive Legambiente – sono le città a più basso reddito”, ma quelli che peggio curano le loro risorse ambientali.
Le ultime 14 città appartengono a Sicilia (7), Calabria (3), Lazio (2) e Campania (1). Un po’ di città meridionali (e praticamente tutta la Sardegna) hanno prestazioni complessive migliori delle medie nazionali dei singoli indicatori e di città del centro-nord.
Con un occhio ai rifiuti, il rapporto di Legambiente, dice che migliora in Italia la raccolta differenziata, ma si produce più spazzatura, con un chilo di aumento medio per abitante. Aumentano anche gli autoveicoli euro3 ed euro4, ma aumentano anche le auto in circolazione. Migliorano le emissioni di biossido di azoto e peggiorano quelle di ozono.
Proprio sui parametri dell’aria il sud si riscatta con Catania che guida la classifica delle minori emissioni di anidride carbonica da parte dei mezzi pubblici; Caserta, Teramo e Nuoro hanno i più bassi livelli di ozono.
Il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, osserva come alcuni buoni risultati siano stati ottenuti grazie al lavoro di alcuni sindaci ma anche che “spesso le politiche locali sono state fortemente penalizzate dai governi nazionali, che poco o nulla hanno investito in infrastrutture per il trasporto pubblico e nel miglioramento delle condizioni dei viaggiatori pendolari”. In sostanza, troppe auto e troppe emissioni con “il traffico urbano grande protagonista” dell’inquinamento dell’aria.
Per Legambiente, occorre “ridiscutere il modello di urbanizzazione dominante“, ma anche “ripensare le politiche energetiche” utilizzando le tecnologie che ne favoriscono in risparmio; così come occorre “migliorare la filiera dei rifiuti”, favorendo il compostaggio e la riduzione degli scarti.
C’è troppo cemento in Italia, secondo Legambiente, che ricorda come nel solo 2006 siano 30mila le costruzioni abusive su un totale di 331mila unità abitative, 7mila i capannoni e 813 i chili di cemento a testa, contro i 625 della media europea.
Fonte: Ilsole24ore
Perdere la libertà di esprimere la propria opinione
E’ bene che i cittadini modicani lo sappiano, che sono doppiamente disgraziati.
Sono disgraziati la prima volta, perché sono nati o comunque si ritrovano a vivere in un paesino insignificante, di quelli che agli occhi del mondo “né contano e né cantano†e potrebbero scomparire da un giorno all’altro senza che gli equilibri del Paese ne risentissero minimamente, di quelli che per una serie di sfortunate coincidenze storiche e politiche non sono crocevia di grandi traffici economici e non sono nemmeno riusciti ad elevarsi al rango di capoluoghi di provincia.
E sono disgraziati la seconda volta; perché attraverso i decenni e i secoli non si sono fatti furbi e non hanno imparato dagli errori commessi in occasione di quelle sfortunate coincidenze storiche e politiche e sono andati anche stavolta controcorrente, contro i venti che tirano nel mondo e in Italia, scegliendosi un Sindaco che non è amico del Premier che tutto vuole e che tutto può.
È bene che lo sappiano dunque, i cittadini modicani, che con queste premesse non possono sperare di vedere piovere la manna dal cielo. Se trasferissero la loro residenza a Catania, ma soprattutto se si schierassero dalla parte di quelli che hanno messo la croce sul simbolo di un certo partito sulle schede elettorali, sarebbe tutta un’altra storia.
Avrebbero infatti una miriade di santi protettori nei paradisi della politica e addirittura vedrebbero i loro incubi peggiori dissolversi con un colpo di bacchetta, trovando sotto i cavoli un centinaio di milioni di euro o comunque un bel gruzzoletto bastevole a dimenticare il debito pubblico con ogni annesso rischio di macellerie sociali e di pressioni fiscali inaudite.
Ma sono modicani, residenti a Modica, nella maggior parte dei casi elettori di un Sindaco che non sale e scende liberamente le scale di Palazzo Grazioli per andare a trovare i suoi amici e che per la sua città può solo rimboccarsi le maniche e trasformare le sue forze in superforze, o forse sarebbe meglio dire i suo i sforzi in supersforzi.
I modicani dovrebbero avere appreso appieno l’entità drammatica della loro miserabile condizione, leggendo di come il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi abbia regalato 140 milioni di euro a fondo perduto prelevati dalle tasse di tutti gli italiani per colmare la voragine aperta a Catania dalla dissennata amministrazione del suo medico di famiglia e di come pare non intenda essere altrettanto generoso con i tanti altri comuni disastrati tanto quanto quello, che però sono piccoli, inutili, e magari di centrosinistra.
Comuni come Modica, insomma. Ma qualora i modicani non fossero ancora sufficientemente consapevoli di questa amara realtà , a rinfrescare loro la memoria e a fare un po’ di chiarezza ci ha pensato nei giorni il deputato nazionale del Popolo delle Libertà , Nino Minardo: “Il sindaco di Modica Antonello Buscema –ci informa il deputato in un suo comunicato- dimostra che questa amministrazione spuria non è in grado di risolvere da sola i problemi finanziari di Palazzo San Domenico e dimostra anche che quanto noi del PdL andavamo dicendo in campagna elettorale, e cioè che le sinergie istituzionali con Roma sarebbero state l’unica via d’uscita alla crisi finanziaria, non erano boutade.
Catania ha già avuto risposte perchè il suo è un sindaco del PdL! La sinergia istituzionale, appuntoâ€.
Due volte disgraziati, appunto. Anzi no, tre volte disgraziati. Perché queste parole di compassione lasciano intendere un\’unica via di salvezza: quella di inchinarci ad un potere supremo, dal quale potremo sperare di ricevere benevolenza e qualche privilegio, come vassalli, valvassori, valvassini (lo abbiamo detto tante volte…). E non penseremo mica che esistano davvero quelle paroline magiche tipo “dirittiâ€, “uguaglianzaâ€, “democraziaâ€, tutte quelle cose che dal 1948 circa stanno scritte nella Costituzione Italiana. Inutile dunque, a maggior ragione, illuderci che chi ha oggi la fortuna di starsene a Roma, sol perché sale e scende liberamente le scale di Palazzo Grazioli per andare a trovare i suoi amici e si è trovato così un posto comodo e utile nel listone elettorale, possa oggi ricordarsi chi è, da dove viene, e fare qualcosa per meritarsi quel posto anche agli occhi di noi poveri disgraziati cittadini.
Concetta Bonini
Pubblicato su La Pagina del 12 Ottobre 2008
Eco-kids, piccoli fondamentalisti per la salvezza del pianeta
I bambini imparano la lezione ambientalista, la applicano con intransigenza
e sono in grado di indirizzare scelte e consumi di tutta la famiglia
Un fenomeno sempre più diffuso negli Usa che prende piede anche da noi.
Un attimo di distrazione, il rubinetto lasciato aperto mentre ci si lava i denti, la luce rimasta accesa nella stanza da cui si è usciti, e il piccolo ambientalista è pronto a rimproverarvi. “Eco-kids”, li chiamano negli Stati Uniti, sono i bambini cresciuti con la paura che l’acqua presto finirà e che la produzione di energia elettrica minaccia la salute del mondo, infanti-guardiani del futuro dell’umanità . Sono tanto consapevoli dell’emergenza ambientale da far sentire anche il genitore più attento un inquinatore incallito e sono, soprattutto, capaci di indirizzare scelte e consumi di tutta la famiglia.
Una lezione imparata troppo bene. La psicologia dell’età evolutiva la chiama iper-regolarizzazione: è lo stesso meccanismo per cui quando i bambini imparano alcune regole grammaticali le applicano con rigore in ogni caso, come quando il participio passato di “rompere” diventa “romputo”. Ecco, in alcuni casi ce le hanno proprio “rompute” con quell’aria da saccenti con cui guardano disgustati i giornali ammucchiati in casa ed esclamano “quanta carta sprecata!” e la diligenza con cui ci ricordano che il televisore va spento perché la spia rossa consuma elettricità .
Il merito-colpa è della scuola, che organizza attività nei centri di educazione ambientale e inserisce nei programmi di scienze lo sviluppo sostenibile e le energie rinnovabili. Non c’è da stupirsi, perciò, se il nipote di neanche otto anni disquisisce sul fatto che il buco dell’ozono si è di nuovo allargato nel 2007 ma non è tornato alle dimensioni tremende del 2005. Del resto, è lo stesso bambino che ha letto con entusiasmo lo scorso anno il Papersera, inserto di Topolino fatto come un vero giornale e sponsorizzato dall’Eni. L’inviato Pippo insegnava concetti come “riscaldamento globale” e “cambio climatico” e dava suggerimenti su come risparmiare energia con i piccoli accorgimenti quotidiani. I piccoli ambientalisti vedono cartoni animati come La gang del bosco e aspettano con ansia l’uscita dell’ultimo film della Pixar, Wall-E, parabola ecologica di un pianeta tanto inquinato da dover essere abbandonato. E poi riportano quel che imparano nella vita di tutti i giorni, con la semplicità intransigente propria della loro età .
Un mercato appetibile. Della disponibilità dei più giovani a farsi carico della salute del mondo si è accorto anche il marketing, per cui ora per vendere un prodotto è utile sottolineare il ridotto impatto ambientale e i risultati sono subito evidenti. C’è chi riferisce della bambina che accetta di farsi lavare i capelli solo con quel dato shampoo “che rispetta l’ambiente” e chi mettendo il tonno nel panino si è sentito chiedere dal figlio adolescente se era sicuro che fosse stato pescato rispettando i delfini.
Nei giorni scorsi il quotidiano statunitense New York Times denunciava il fatto che molti genitori si sentono sotto pressione perché le scelte ambientaliste dei figli li obbligano a spendere di più. Mamme esasperate raccontavano di aver dovuto cambiare tutte le lampadine di casa per dotarsi di quelle a basso consumo e altri di non poter passare davanti a un tetto dotato di pannelli solari senza sentirsi chiedere con insistenza di abbandonare al più presto il sistema di riscaldamento inquinante per passare al solare. “Mio figlio ci ha chiesto di comprare una macchina a idrogeno – era il racconto di uno dei genitori intervistati – e ha detto che non salirebbe mai su un Suv”.
Negli Stati Uniti, la nazione che contribuisce di più al mondo alle emissioni di anidride carbonica e che fa più resistenza nel fissare limiti in proposito, l’insistenza degli “eco-kids” ha dato il via a una serie di critiche al sistema scolastico. C’è infatti chi sostiene che i bambini stanno diventando dei fondamentalisti dell’ecologismo e che si perde troppo tempo sull’educazione ambientale e si tralasciano materie più importanti. Sotto accusa sono finiti anche i distintivi applicati su alcune uniformi scolastiche per indicare che gli alunni partecipano a gruppi per la “Salute dell’ambiente”, il “Patto per la Terra” o l'”Azione per il pianeta”. In Italia gli “eco-kids” sono ancora poco organizzati e inquadrati, ma per fortuna riescono già a farsi ascoltare dagli adulti.
Fonte: La Repubblica
TRIBUNALE DI MODICA. PROCESSO KARTODROMO-IMPIANTO BIOMASSA
CONTRASTANTI OPINIONI TRA I PERITI SULL’ESISTENZA DELLA MACCHIA MEDITERRANEA
La macchia mediterranea era presente in entrambe le aree oggetto del processo, in percentuale del 100% nella vallata e del 50% lungo il versante.
Queste le conclusioni rese ieri mattina nell’ennesima udienza del maxi processo che si celebra davanti al Collegio Penale del Tribunale di Modica(Scibilia, presidente, Di Marco e Rubino, a latere)chiamati, per l’appunto, a stabilire se esisteva macchia mediterranea a Cava Bellamagna-Zimmardo e a Cava Giarrusso, ed in caso positivo, in che percentuale ed a quanta distanza si dovevano realizzare l’impianto di trattamento di biomassa e il kartodromo.
I due periti catanese sono stati messi sotto torchio dai difensori per oltre due ore, due volte ciascuno. Escusso anche il perito di parte. Le percentuali sono state contestate proprio da quest’ultimo, secondo cui per il calcolo delle percentuali sarebbero state utilizzate solo delle mere foto ortografiche, e non delle vere e proprie cartografie. E qui i difensori hanno contestato l’assenza di dati certi che, secondo il perito di parte, sarebbero impossibili da ricavare in assenza di una cartografia.
In virtù di questo, non è stato possibile stabilire se c’era il rispetto della distanza minima dalla macchia mediterranea per la costruzione dei due impianti. A questo punto i giudici hanno richiamato i due Ctu che assicurato che le cartografie sono state senz’altro effettuate ma non le avevano allegate alle perizie. Il Collegio ha deciso, pertanto, riconvocare tutti per il prossimo 5 novembre al fine di consentire ai due tecnici catanesi di integrare la perizia commissionata dallo stesso Tribunale.
Il processo si riferisce al rilascio di concessioni, come si diceva, per la costruzione di un kartodromo e di un impianto di biomassa. Tredici sono gli imputati. In precedenza il pubblico ministero, Maria Mocciaro, era andata per la requisitoria chiedendo otto condanne per quasi dieci anni di arresto e 90 mila euro di multa, e cinque assoluzioni, tra le quali quelle dei funzionari della Sovrintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Ragusa, Beatrice Basile, Giuseppe Saggio e Calogero Rizzuto della Sovrintendenza, per Corrado Borgh e per Francesco Ascanio dell’Ispettorato Agricoltura e Foreste. L’indagine scaturì dagli esposti presentati dai residenti delle 2 zone, dal Movimento Azzurro e da Legambiente. Nel processo si sono costituiti parte civile il Ministero per l’Ambiente, gli assessorati regionali allo Sviluppo Economico, al Territorio ed Ambiente, all’Agricoltura e Foreste e ai Beni Culturali ed Ambientali, attraverso l’Avvocatura dello Stato, oltre al Movimento Azzurro, a Legambiente, e ad una ventina di proprietari di alcuni terreni confinanti con le aree sottoposte ai vincoli ambientali e paesaggistici, rappresentati dagli avvocati Antonio Borrometi, Tiziana Serra, Luca Licitra, Luigi Piccione e Giovanni Giurdanella, ma anche del Comune di Pozzallo, attraverso l’avvocato Giorgio Terranova.
Fonte: R.T.M.
Truffa allo Stato, 37 imputati: prima udienza preliminare
Modica – Contestata anche l´associazione per delinquere
Dal gup impiegati della Soprintendenza e del comune di Modica,
un impiegato di banca, un notaio e diversi imprenditori
Richiesta di patteggiamento nel processo per associazione a delinquere finalizzata alla truffa in danno dello Stato e che vede imputati dinanzi al gup 37 soggetti. Si tratta di dieci tra dipendenti della Sovrintendenza e del comune di Modica, l’impiegato di un istituto di credito, un consulente bancario, un notaio e alcuni imprenditori. Uno di loro ha deciso di chiudere i conti con la giustizia. E’ stato l’avvocato Maria Platania, con il consenso del pubblico ministero, ad aver richiesto ieri mattina il rito alternativo del patteggiamento della pena per il suo assistito. Il gup Maria De Barnardinis si è riservato di decidere se applicare la pena pecuniaria concordata dal difensore con il pm e pari a tremila euro.
Le indagini dalle quali ha preso le mosse il procedimento riguardano una concessione a suo tempo rilasciata dall’ufficio tecnico comunale per la costruzione di un impianto per il riciclaggio di rifiuti speciali a cava Giarrusso. Stando a quanto accertato dalla Guardia di Finanza nell’ambito dell’inchiesta avviata dalla procura, gli imputati si sarebbero messi d’accordo per attuare un progetto volto all’ottenimento, in maniera illecita, di finanziamenti piuttosto ingenti da parte del ministero per le attività produttive.
Per addivenire a questo scopo, gli imputati avrebbero redatto false attestazioni, in modo da ottenere in tempi relativamente rapidi le somme richieste, pur non possedendone i requisiti. In altre parole, ciascuno per le proprie responsabilità , i 36 imputati avrebbero eluso la normativa vigente in materia ambientale per la realizzazione dell’impianto di riciclaggio dei rifiuti nelle campagne modicane, producendo false autocertificazioni e documenti alterati per aggirare gli ostacoli normativi in ordine ai requisiti previsti per legge e non posseduti dai richiedenti. Pare che, attraverso le concessioni rilasciate in maniera illegittima dall’ufficio tecnico comunale, risulterebbe agli atti l’esecuzione di opere e manufatti esistenti solo sulla carta.
Autocertificazioni redatte in più occasioni attesterebbero altre circostanze simili che, come accertato dalla Guardia di Finanza in un lasso di tempo antecedente al febbraio 2006, non risulterebbero rispondenti alla realtà . Gli imputati avrebbero pertanto percepito indebitamente parte dei finanziamenti statali. Le parti offese nel procedimento risultano essere l’amministrazione finanziaria dello Stato, il ministero per le attività produttive, la Regione e il comune di Modica.
Da domani la Terra è in rosso “Le risorse dell’anno esaurite”
L’allarme degli scienziati. Dal legno all’acqua, cominciamo a consumare le riserve
Le proiezioni delle Nazioni Unite: senza misure, nel 2050 le finiremo il primo luglio
ROMA – Da domani viaggeremo con i conti in rosso, consumeremo più risorse di quelle che la natura fornisce in modo rinnovabile. Ci stiamo mangiando il capitale biologico accumulato in oltre tre miliardi di anni di evoluzione della vita: nemmeno un super intervento come quello del governo degli Stati Uniti per tappare i buchi delle banche americane basterebbe a riequilibrare il nostro rapporto con il pianeta. Il 23 settembre è l’Earth Overshoot Day: l’ora della bancarotta ecologica.
Il giorno in cui il reddito annuale a nostra disposizione finisce e gli esseri umani viventi continuano a sopravvivere chiedendo un prestito al futuro, cioè togliendo ricchezza ai figli e ai nipoti. La data è stata calcolata dal Global Footprint Network, l’associazione che misura l’impronta ecologica, cioè il segno che ognuno di noi lascia sul pianeta prelevando ciò di cui ha bisogno per vivere ed eliminando ciò che non gli serve più, i rifiuti.
Il 23 settembre non è una scadenza fissa. Per millenni l’impatto dell’umanità , a livello globale, è stato trascurabile: un numero irrilevante rispetto all’azione prodotta dagli eventi naturali che hanno modellato il pianeta. Con la crescita della popolazione (il Novecento è cominciato con 1,6 miliardi di esseri umani e si è concluso con 6 miliardi di esseri umani) e con la crescita dei consumi (quelli energetici sono aumentati di 16 volte durante il secolo scorso) il quadro è cambiato in tempi che, dal punto di vista della storia geologica, rappresentano una frazione di secondo.
Nel 1961 metà della Terra era sufficiente per soddisfare le nostre necessità . Il primo anno in cui l’umanità ha utilizzato più risorse di quelle offerte dalla biocapacità del pianeta è stato il 1986, ma quella volta il cartellino rosso si alzò il 31 dicembre: il danno era ancora moderato.
Nel 1995 la fase del sovraconsumo aveva già mangiato più di un mese di calendario: a partire dal 21 novembre la quantità di legname, fibre, animali, verdure divorati andava oltre la capacità degli ecosistemi di rigenerarsi; il prelievo cominciava a divorare il capitale a disposizione, in un circuito vizioso che riduce gli utili a disposizione e costringe ad anticipare sempre più il momento del debito.
Nel 2005 l’Earth Overshoot Day è caduto il 2 ottobre. Quest’anno siamo già al 23 settembre: consumiamo quasi il 40 per cento in più di quello che la natura può offrirci senza impoverirsi. Secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, l’anno in cui – se non si prenderanno provvedimenti – il rosso scatterà il primo luglio sarà il 2050. Alla metà del secolo avremo bisogno di un secondo pianeta a disposizione.
E, visto che è difficile ipotizzare per quell’epoca un trasferimento planetario, bisognerà arginare il sovraconsumo agendo su un doppio fronte: tecnologie e stili di vita. Lo sforzo innovativo dell’industria di punta ha prodotto un primo salto tecnologico rilevante: nel campo degli elettrodomestici, dell’illuminazione, del riscaldamento delle case, della fabbricazione di alcune merci i consumi si sono notevolmente ridotti.
Ma anche gli stili di vita giocano un ruolo rilevante. Per convincersene basta confrontare il debito ecologico di paesi in cui i livelli di benessere sono simili. Se il modello degli Stati Uniti venisse esteso a tutto il pianeta ci vorrebbero 5,4 Terre. Con lo stile Regno Unito si scende a 3,1 Terre. Con la Germania a 2,5. Con l’Italia a 2,2.
“Abbiamo un debito ecologico pari a meno della metà di quello degli States anche per il nostro attaccamento alle radici della produzione tradizionale e per la leadership nel campo dell’agricoltura biologica, quella a minor impatto ambientale”, spiega Roberto Brambilla, della rete Lilliput che, assieme al Wwf, cura la diffusione dei calcoli dell’impronta ecologica. “Ma anche per noi la strada verso l’obiettivo della sostenibilità è lunga: servono meno opere dannose come il Ponte sullo Stretto e più riforestazione per ridurre le emissioni serra e le frane”.
Fonte: La Repubblica
Modica, blitz della Guardia di Finanza
Blitz della Guardia di Finanza ieri mattina nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro di alcuni degli indagati nell’operazione coordinata dalla Procura della Repubblica di Modica, per un presunto riciclaggio di denaro che vede coinvolte 31 persone, tra cui l’ex sindaco, Piero Torchi, l’ex assessore Carmelo Drago, il segretario provinciale dell’Udc, Giancarlo Floriddia ed altri soggetti vicini alla politica iblea, dipendenti pubblici, giornalisti, imprenditori e singoli cittadini.
Le pattuglie delle fiamme gialle hanno stazionato per alcune ore nelle varie zone della città , in particolare al Quartiere Sorda, suscitando la curiosità della gente. Un breve giro di telefonate e dopo un po’ la notizia era di dominio pubblico. I militari, infatti, hanno “visitatoâ€, in particolare, le abitazioni dell’ex primo cittadino, quella dell’ex assessore, in questo caso anche lo studio legale, e quella di qualche imprenditore. Ovviamente si cercano nuove prove di natura cartacea.
Qualcuno dei legali delle persone coinvolte nell’indagine conferma, altri sono stati avvisati dai loro assistiti che, però, non avevano subito i controlli, altri ancora non ne sono a conoscenza. Proprio qualche giorno fa, la Procura della Repubblica aveva ottenuto un’ulteriore proroga alle indagini(la precedente era scaduta in luglio)fino al 31 ottobre, perché il numero degli indagati era passato da tredici a trentuno, questo perché diverse persone, informate dei fatti, nel corso delle loro deposizioni si sono trasformate da interrogati ad indagati.
L’inchiesta, come si diceva, riguarda una presunta associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio di danaro. Il reato, contestato dal Procuratore di Modica, Domenico Platania, riguarda solo uno degli aspetti dell’inchiesta scaturita dalla denuncia di un imprenditore. L’indagine si è man mano allargata. Secondo l’accusa, grazie a ingenti somme di danaro pagate da imprenditori, sarebbero stati pilotati i meccanismi di assegnazione degli appalti e inoltre, in cambio della rinuncia a una parte dei crediti vantati verso il Comune, alcuni avrebbero ottenuto una corsia preferenziale nel percepire le spettanze.
Le indagini, avviate nel mese di giugno del 2007, avrebbero trovato conferma dei movimenti di danaro sui conti degli indagati o su conti off-shore a loro riconducibili. La Guardia di Finanza, insomma, continua a scavare per avere maggiore contezza su quello che ritiene sia un sistema d’azione.Â