Ambiente Ibleo – Portale ambientalista del Sud-Est Siciliano


Biogas Zimmardo Bellamagna – Rassegna Stampa

Posted in Biogas Zimmardo,Rassegna Stampa by admin on 24 Novembre 2019
La Sicilia

…..Si diceva, del rilascio del titolo autorizzativo che tanto sta facendo discutere le comunità di Modica e Pozzallo. Per autorizzare la realizzazione del progetto che prevede circa 8 milioni di euro di investimenti, il Comune di Modica ha attivato la procedura della Conferenza di servizi, strumento propedeutico a raccogliere i pareri degli enti preposti. Il 15 luglio del 2019, a distanza di 11 mesi dalla presentazione del progetto, il Suap del Comune di Modica autorizzava l’impianto alla Biometano Ibleo. Dopo qualche giorno, l’Ente rilevava la necessità di dovere annullare il provvedimento per non meglio specificati “aspetti formali non congrui con le finalità proposte” e autorizzava nuovamente l’impianto in via definitiva l’8 Agosto 2019. Stavolta dichiarando la pubblica utilità, l’indifferibilità e l’urgenza dell’intervento…
Si diceva del Metanodotto. Dove si trova? A chiedersi l’esatta ubicazione del metanodotto e l’allaccio della rete allo stesso, il 4 marzo del 2019, è il rappresentante del Libero Consorzio comunale di Ragusa, che però non avrà alcuna risposta da parte del progettista. Altra nota il 17 dicembre del 2018. Questa volta a scrivere è la Soprintendenza ai beni culturali ed ambientali di Ragusa. Chiede al Comune di Modica di avere notizie circa l’indizione della conferenza di servizio per il rilascio del conseguente parere imposto dalle norme di attuazione del Piano Paesaggistico. Niente invito, niente parere, niente assenso. …..
……continua su Ragusanews.com
di  Gabriele Giannone
https://www.ragusanews.com/2019/11/22/attualita/a-modica-il-biogas-va-a-tutto-gas/103805

Pozzallo conferma le barricate contro l’impianto di biometano che sarà costruito in contrada Zimmardo Bellamagna, nelle splendide campagne modicane che si trovano però a ridosso proprio della ridente cittadina marinara: il dato è emerso dalla partecipata seduta aperta del consiglio comunale convocata venerdì scorso (foto) proprio per discutere della vicenda. …continua su CorrierediRagusa

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TERRA MUTA DI GIANNI LANNES

Posted in Rassegna Stampa by admin on 31 Agosto 2013

La critica:

“Terra Muta di Gianni Lannes è un libro forte, potente, possente pari ad un tuono che esplode nelle mani e nella testa del lettore. Percorso da una corrente elettrica continua, il libro con una forza perforante racconta dal di dentro fatti e avvenimenti che ci riguardano ma che mediaticamente non hanno alcuna cittadinanza, ribalta visuali prospettiche consolidate , rompe stereotipi e luoghi comuni anacronistici, smantella le coscienze “anestetizzate e lobotomizzate” da una cecità sempre più ottundente.

Una ragnatela di interrogativi si dissemina tra le pagine di Terra Muta nel mentre l’Autore, adoperando il punto di vista focale di un giornalista coraggioso e controcorrente porta il lettore dentro le “macerie” del Belpaese che, attraverso zoomate ravvicinate, assume fattezze raccapriccianti e apocalittiche…”.

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2013/08/terra-muta-parola-dello-scrittore.html

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2013/06/terra-muta-pero-guerra-eloquente.html

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2013/08/terra-muta-parola-di-un-lettore.html

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La mafia a Ragusa

Posted in Documenti,Rassegna Stampa by admin on 10 Febbraio 2010

Diacronie Studi di Storia Contemporanea www.studistorici.com N. 3 | 2|2010 | Dossier : Luoghi e non luoghi della Sicilia contemporanea: istituzioni, culture politiche e potere mafioso/ La mafia a Ragusa
La provincia babba nel “cono d’ombra” di Giorgio CACCAMO*

La provincia di Ragusa è stata sempre considerata un’area immune dalla mafia. Se per un lungo periodo questo stereotipo corrisponde al vero, le rare analisi storiche mostrano che a partire dagli anni Sessanta anche negli Iblei si diffondono organizzazioni criminali, tanto legate a Cosa Nostra quanto autonome, come la stidda. Pur ricorrendo talvolta alla violenza, la mafia ragusana occupa soprattutto gli spazi della politica e dell’economia legale. La cronaca giudiziaria dimostra che la provincia di Ragusa è ormai interessata da una “mafia dei colletti bianchi”, impegnata specialmente nel riciclaggio di denaro proveniente da traffici illeciti.

Nella vasta letteratura sui fenomeni mafiosi in Sicilia, la provincia di Ragusa è stata lungamente assente. Per decenni, l’area iblea – ancor più di altre province – è stata considerata parte della cosiddetta Sicilia babba, una zona circoscritta, refrattaria alla presenza della criminalità mafiosa, definita per queste ragioni mite, bonaria, innocua, in siciliano babba,appunto1. Le ragioni di questa lunga assenza dei fenomeni mafiosi nell’area sud-orientale della Sicilia, secondo alcuni analisti dell’Italia postunitaria, andrebbero ricercate addirittura nell’eredità della dominazione greca, durata qui più a lungo che altrove. Queste conclusioni associavano invero la presenza della mafia alla visibilità dei fatti di sangue e di delitti destinati alle grandi cronache, piuttosto rari nella Sicilia orientale. Le testimonianze a cavallo tra la fine del diciannovesimo secolo e l’inizio del Novecento riferiscono dunque come il fenomeno mafioso fosse limitato alle province occidentali e centrali dell’Isola ed assente nelle “province tranquille” dell’est, non riuscendo tuttavia a spiegare le ragioni di questa differenziazione2. L’unico elemento storicamente riconosciuto come il discrimen tra l’occidente “mafioso” e l’oriente “tranquillo” è la modalità di ripartizione e sfruttamento delle terre. La mafia agraria è nata difatti nella zona tipica del feudo e del latifondo, in un’area che comprende l’entroterra delle attuali province di Palermo, Trapani e Agrigento, delimitata ad est dai confini delle province di Enna e Caltanissetta. Nella Sicilia sud-orientale, la proprietà terriera divisa tra privati è stata al contrario considerata “moralizzatrice”3. In realtà, nell’area della Contea di Modica erano usuali episodi di banditismo e contrabbando, pur mancando in queste zone l’elemento carismatico tipico della Sicilia occidentale. Il contrabbandiere era comunque un eroe popolare, perché rendeva giustizia al popolo che sentiva distanti i poteri e la legge e si sentiva oppresso dal dazio e dal fisco. Ugualmente era radicata, specialmente presso la popolazione contadina, l’omertà, intesa come una sorta di “etica del tornaconto” che sconsigliava la denuncia e definiva i vantaggi del silenzio4. La presunta debolezza della mafia iblea del primo Novecento non ha peraltro scongiurato la commissione di atti di efferata violenza, di tutt’altra matrice ma condotti con metodi quasi mafiosi. Lo squadrismo fascista nel comprensorio ragusano, ad esempio, fu tra i più violenti d’Italia, deplorato talvolta dallo stesso Partito Nazionale Fascista, come nel caso dell’eccidio di Passo Gatta a Modica5 nel 1921. Questo squadrismo finì per somigliare ad una vera e propria cosca, per i caratteri peculiari che andò ad assumere: protezione degli aderenti, omertà, perseguimento di interessi economici, reclutamento di criminali comuni. Dopo l’armistizio del 1943 ed almeno fino al 1946, le campagne iblee hanno sperimentato ancora le azioni di bande improvvisate, dedite a piccoli furti e abigeati ai danni dei proprietari terrieri più agiati, ma assolutamente estranee alle attività del banditismo mafioso.

Negli stessi anni, è diversa la situazione nelle aree urbane della provincia, nel capoluogo in particolare. A Ragusa, infatti, in pieno periodo bellico, due riconosciuti mafiosi del quartiere San Paolo, tali Cassarino e Lauretta, parteciparono alle rivolte antimilitariste del 1945, ma una volta arrestati per reati comuni, accusarono e fecero condannare a sette anni per presunta estorsione uno dei capi della rivolta. Gli organi carcerari e giudiziari agirono in collusione con i due mafiosi; ciò dimostra che anche in provincia di Ragusa, seppur in un caso isolato, la mafia ha saputo adattare il proprio modo di agire alle circostanze: prima con il popolo in rivolta, dopo con i poteri e le istituzioni7. Le presenze malavitose negli Iblei sono pertanto legate in questi anni al disagio nelle aree rurali e al cliché del vecchio banditismo. I reati propriamente mafiosi sono rari e gli stessi delitti sono mossi dalla casualità, più che dall’intenzione. È bene ricordare, oltretutto, che la stessa immagine stereotipata della Sicilia ha subìto diverse modificazioni nel corso dei secoli. Per i viaggiatori europei del Grand Tour settecentesco, Palermo era la capitale ricca e felice dell’Isola, contrapposta ad un sud-est infestato dai briganti e dalla povertà. Il mito s’incrinò – e si ribaltò – con i rapporti di polizia sugli episodi delittuosi della seconda metà del XIX secolo: Palermo divenne la capitale del crimine, il sud-est il “regno della quiete”. Questo nuovo stereotipo, perdurante per quasi tutto il Novecento, è nondimeno tra le cause della scarsità di analisi storiche sull’incidenza della mafia nella Sicilia orientale, con particolare riferimento alla provincia di Ragusa. Manca difatti una compiuta storiografia sul fenomeno mafioso nel comprensorio ibleo. È al contrario più cospicua la letteratura pubblicistica. Peraltro alcune delle poche analisi prettamente storiche sull’argomento si sono basate proprio sul giornalismo d’inchiesta. A partire dagli anni Settanta, nel periodo in cui la criminalità organizzata ha ormai acquisito una certa incidenza nella vita sociale del Ragusano, aumentano le denunce giornalistiche sulla presenza della mafia e sulle presunte coperture istituzionali e giudiziarie di cui godrebbero le cosche locali. È inevitabile dunque ricorrere alle cronache giornalistiche dell’epoca per provare a tracciare l’evoluzione storica della mafia a Ragusa….. Continua PDF


http://www.studistorici.com/2010/07/30/caccamo_dossier_3/

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Bisogna che tutto cambi perchè tutto resti come prima

Posted in Articoli,Rassegna Stampa by admin on 15 Febbraio 2008
[VIDEO]http://www.youtube.com/v/Ygp2jMdbcjs&rel=1[/VIDEO]
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Il Ministro Pecoraro Scanio e Il Regista Tornatore in merito alle trivelle in Val di Noto

Posted in Articoli,Documenti,Rassegna Stampa by admin on 20 Giugno 2007

Sul finto stop alle trivellazioni petrolifere texane in Val di Noto

no-trivellazioni.jpg

Intervista di Cinzia Della Valle
Palermo (Il manifesto -17.06.07)

Ce l’ha col governatore?
Ha bluffato due volte, prima sui termovalorizzatori e poi sulle trivelle in Val di Noto. Come può, lui che rappresenta le istituzioni, dire che la società petrolifera Panther oil rinuncia ai permessi in Val di Noto e poi la stessa società lo corregge spiegando che rinuncia a una piccola parte di area, tra l’altro dove non avrebbe comunque trivellato? Cuffaro in modo plateale utilizza la disinformazione, metodo che apparteneva alla tradizione stalinista.
Anzi, dirò di più..

Prego.
Dallo scorso ottobre la divisione protezione natura del mio ministero chiede alla regione siciliana chiarimenti sulla valutazione d’incidenza nell’area intorno al sito d’interesse comunitario (Sic) della val di Noto, procedura imposta da Bruxelles, che delega i governi nazionali a vigilare sul rispetto delle regole sui Sic. Bene, non abbiamo mai ricevuto risposte. Mercoledì scorso abbiamo inviato una diffida alla regione con la quale chiediamo di revocare le autorizzazioni alla società petrolifera, perché la valutazione d’incidenza è fondamentale prima di ogni attività».

Alfonso Pecoraro Scanio Ministro dell’Ambiente

Dopo l’appello dello Scrittore Andrea Camilleri continuano gli interventi di uomini illustri del mondo della cultura e dello spettacolo in difesa del Val di Noto.
Leggi le dichiarazioni di Tornatore e Sgarbi in merito alla Provincia di Ragusa, nell’articolo pubblicato dalla Sicilia

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Salviamo Val di Noto dalle trivelle dei petrolieri

Posted in Articoli,Pubblica Evidenza,Rassegna Stampa by admin on 7 Giugno 2007

noto.jpgCARO direttore, i milanesi come reagirebbero se dicessero loro che c’è un progetto avanzato di ricerche petrolifere proprio davanti al Duomo? Rifarebbero certo le cinque giornate. E i veneziani, se venissero a sapere che vorrebbero cominciare a carotare a San Marco? E i fiorentini, sopporterebbero le trivelle a Santa Croce? I rispettivi abitanti che ne direbbero di scavi per la ricerca del petrolio a Roma tra i Fori imperiali e il Colosseo, a piazza Di Grado a Genova, sulle colline di Torino, a piazza delle Erbe, a piazza Grande, lungo le rive del Garda?

Non si sentirebbero offesi e scempiati nel più profondo del loro essere? Ebbene, in Sicilia, e precisamente in una zona che è stata dichiarata dall’Unesco “patrimonio mondiale dell’umanità“, il Val di Noto, dove il destino e la Storia hanno voluto radunare gli inestimabili, irrepetibili, immensi capolavori del tardo barocco, una società petrolifera americana, la “Panther Eureka”, è stata qualche anno fa autorizzata, dall’ex assessore all’industria della Regione Sicilia, a compiervi trivellazioni e prospezioni per la ricerca di idrocarburi nel sottosuolo. In caso positivo (positivo per la “Panther Eureka”, naturalmente) è già prevista la concessione per lo sfruttamento dell’eventuale giacimento.

In parole povere, questo significa distruggere, in un sol colpo e totalmente, paesaggio e storia, cultura e identità, bellezza e armonia, il meglio di noi insomma, a favore di una sordida manovra d’arricchimento di pochi spacciata come azione necessaria e indispensabile per tutti. E inoltre si darebbe un colpo mortale al rifiorente turismo, rendendo del tutto vane opere (come ad esempio l’aeroporto Pio La Torre di Comiso) e iniziative sorte in appoggio all’industria turistica, che in Sicilia è ancora tutta da sviluppare.

Poi l’inizio dei lavori è stato fermato, nel 2003, dal Governatore Cuffaro su proposta dell’allora assessore ai Beni Culturali Fabio Granata, di Alleanza nazionale, in prima fila in questa battaglia.

Ma è cominciato quel balletto tutto italiano fatto di ricorsi all’ineffabile Tar, rigetti, annullamenti, rinnovi, sospensioni temporanee, voti segreti, vizi di forma e via di questo passo ( ma anche di sotterranee manovre politiche che hanno sgombrato il campo dagli oppositori più impegnati).

E si sa purtroppo come in genere questi balletti vanno quasi sempre tristemente a concludersi da noi: con la vittoria dell’economicamente più forte a danno degli onesti, dei rispettosi dell’ambiente, di coloro che accettano le leggi. E i texani, dal punto di vista del denaro da spendere per ottenere i loro scopi, non scherzano.

Vogliamo, una volta tanto, ribaltare questo prevedibile risultato e far vincere lo sdegno, il rifiuto, la protesta, l’orrore (sì, l’orrore) di tutti, al di là delle personali idee politiche?

Per la nostra stessa dignità di italiani, adoperiamoci a che sia revocata in modo irreversibile quella contestata concessione e facciamo anche che sia per sempre resa impossibile ogni ulteriore iniziativa che possa in futuro violentare e distruggere, in ogni parte d’Italia, i nostri piccoli e splendidi paradisi. Nostri e non alienabili.

Andrea Camilleri a Repubblica

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La politica dell’occhio strizzato

Posted in Rassegna Stampa by admin on 9 Settembre 2006

Le bufale del consigliere Militello 5,90 Mb Giornale di Sicilia 9 settembre 2006

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