Modica: Oggi viene separato il 5 per cento dei rifiuti. Si punta al 35
Modica, Raccolta Differenziata – Relazione dell´esperto Rafael Rossi
Duccio Gennaro su Corriere di Ragusa
A grandi passi verso la raccolta differenziata. Il consiglio comunale ha dedicato l’insolita seduta mattutina alla relazione di Rafael Rossi, l’esperto della società cui il comune e lo stesso Ato di Ragusa hanno affidato lo studio per l’avvio della differenziata.
Rossi ha parlato con cifre e dati alla mano per due ore aiutandosi con grafici e slide. A seguirlo tuttavia solo una decina di consiglieri nonostante nel corso degli ultimi mesi da tutte le parti sia stata invocata il dibattito sulla raccolta differenziata. Per Piero Torchi e per il presidente del consiglio Enzo Scarso si è trattato tuttavia di un momento vitale per l’avvio della nuova fase. “ In due settimane – ha detto Torchi – abbiamo consegnato all’Ato l’elenco delle sette cave dismesse nel territorio che ci era stato richiesto. Abbiamo espresso la volontà di accogliere nel nostro territorio una discarica e sottoponiamo ora all’Ato lo studio sulla differenziata per il quale attendiamo il via. Ora non tocca più a noi , ma all’Ato e siamo fiduciosi che arriveranno segnali in tal senso.â€
Rafael Rossi ha consegnato ai consiglieri una relazione di quasi ottanta pagine da dove si possono dedurre tutti i dati relativi al territorio, la tipologia dei rifiuti, le proposte su come può essere la differenziata. La relazione parte innanzitutto dal dato che ogni residente in una delle cinque zone in cui viene suddivisa la città , S. Cuore con il 40 per cento di presenze, centro storico con il 16 per cento, Modica alta 23 per cento , Frigintini sei per cento, e Marina di Modica con dato stagionale, produce ben 485 chili di rifiuti l’anno rispetto ad una media nazionale che si oscilla sui 250 chili.
Delle 26mila tonnellate di rifiuti prodotti in un anno solo il cinque per cento è destinata alla differenziata con un aumento di costi per trasporti e smaltimento molto onerosi. Se le cose dovessero permanere così , ha detto Rossi, il costo che si aggira oggi sui 24 euro a tonnellata per il conferimento in discarica salirebbe ad oltre 90 con un peso insostenibile per le casse comunali e il cittadino.
Da qui la necessità di cambiare abitudini e metodi di raccolta. Lo studio prevede infatti la scomparsa dei contenitori stradali e la raccolta nelle varie residenze. Questa sarà un appuntamento per quattro giorni a settimana e comporterà una suddivisione per categorie dei vari rifiuti; carta, vetro, umido, lattine. Nei condomini o nelle case private saranno distribuiti sacchi e contenitori di varia grandezza e capacità per la consegna agli incaricati della raccolta. Presupposto fondamentale sarà la collaborazione dei cittadini ed il loro senso civico anche se la collaborazione dovrà essere incentivata con sgravi sulla bolletta.
Sono sette le cave dismesse utili per la discarica a Modica
Nel territorio modicano ci sono sette cave dismesse. L’elenco delle cave è stato richiesto dal presidente dell’Ato Giovanni Vindigni e dal presidente della provincia Franco Antoci ed è allegato alla relazione che Piero Torchi ha consegnato ieri nel corso della riunione tenuta a Ragusa per discutere del problema discarica.
Il sindaco ha tenuto a precisare che non si tratta di siti eventualmente destinati per una discarica ma una elencazione oggettiva di quanto esiste oggi nel territorio anche perché sulla maggior parte delle aree sulle quali ricadono le cave dismesse insiste il vincolo paesaggistico.
E’ per esempio il caso della cava di S. Giuliano, adiacente al centro della città e della quale non è dato conoscere la cubatura. Il vincolo esiste anche per la cava di contrada Cella, che ha una cubatura di 200mila metri cubi; segue Giarrusso, a monte di Marina di Modica, dove la cubatura ammonta a 450mila metri cubi. Altra cava si trova a Gisanella lungo la Modica Pozzallo per la quale non è stata indicata nessuna cubatura.
Le uniche due cave senza vincoli sono quella di contrada Valentino nel territorio di Frigintini che ha una cubatura di mezzo milione di metri cubi. Ci sono poi tre cave che ricadono tutte in contrada Petraro; si tratta della cava Azasi, Camoter e Di Stefano che totalizzano una capienza di 930mila metri cubi. Contrada Petraro si trova a monte dell’ex passaggio a livello per Marina di Modica, adiacente alla zona industriale Modica Pozzallo.
Su contrada Petraro era stato imposto un vincolo paesaggistico a suo tempo che è stato poi superato dai fatti una volta avviata la escavazione della cava dell’Azasi. Le tre cave di contrada Petraro appartengono al demanio e sono di proprietà della regione che ne può disporre a suo piacimento. Il presidente dell’Ato ha preso atto della relazione del sindaco e l’ha trasmessa ai tecnici per una valutazione. Torchi ha confermato che Modica è disponibile ad accogliere una discarica nel suo territorio ma che l’indicazione dell’Ato deve essere prima discussa e vagliata dal consiglio comunale cui , in ogni caso dovrà toccare l’ultima parola.
Duccio Gennaro Corriere di Ragusa
Raccolta differenziata e discariche
Per raccolta differenziata dei rifiuti si intende un sistema di raccolta dei rifiuti solidi urbani differenziata per ogni tipologia di rifiuto (per esempio carta, plastica, vetro, umido etc..).
La composizione media dei rifiuti è un dato difficile da stabilire, varia con la zona, la ricchezza e la cultura del cittadino, nonché con la produzione industriale del luogo. Un dato abbastanza certo è la produzione giornaliera per abitante che nel 2006 in media in Italia è vicina ad 1,2 kg al giorno.
Entro il 2006 era obbligo di tutti i Comuni raccogliere in maniera differenziata almeno il 35% dei rifiuti (in origine tale percentuale era da raggiungere nel 2003); la nuova normativa prevede l’obbligo di raggiungere il 65% entro il 2010. In Italia esistono molti Comuni che ottengono ottimi risultati superiori all’80% di materiale differenziato; tra le grandi città con più di 500.000 abitanti il primato spetta a Torino, che nel 2007 ha raggiunto il 40,7% di raccolta differenziata[1].
In molti dei Comuni che primeggiano nella raccolta differenziata viene applicato un incentivo diretto alla selezione. In pratica viene applicato il principio “più inquini più paghi”. Per contro più ricicli più risparmi. Per applicare una misura precisa di quanto il cittadino sia bravo il comune vende (talvolta con distributori automatici) gli unici sacchetti abilitati allo smaltimento dei rifiuti non riciclabili al costo del sacchetto più il costo dei rifiuti che questo contiene. Quindi se un cittadino differenzia bene i suoi rifiuti dovrà acquistare meno sacchi. Nel Comune di Terni in Umbria si utilizza la banda magnetica del tesserino del servizio sanitario nazionale per identificare il cittadino durante l’uso del distributore automatico di sacchi.
Organico
Talvolta chiamato “umido” la frazione compostabile dei rifiuti domestici è spesso la prima componente dei rifiuti (~25-30%). In discarica genera il cosidetto biogas (metano) che talvolta è utilizzato come fonte energetica e il percolato cioè il liquame che si raccoglie sul fondo della discarica. Le discariche hanno il fondo creato con fogli di pvc termosaldato che incanala il percolato verso il fondo dove viene raccolto e portato ad impianti di depurazione. È per questo che la discarica deve essere sorvegliata fino a 20 anni dopo la chiusura. Gli impianti di compostaggio possono “pretrattare” il rifiuto prima di disporlo in discarica recuperando il metano ed evitando la formazione di percolato. L’organico in molti comuni è gestito in casa dai cittadini, che lo riciclano in proprio attraverso il compostaggio domestico. In giardino con un contenitore apposito detto composter, anche autocostruito, si raccoglie la frazione organica di cucina e dell’orto/giardino che mediante un processo aerobico di decomposizione si trasforma in concime adatto ad essere riutilizzato direttamente nell’orto. Molti comuni riconoscono al cittadino compostatore uno sconto sulla tassa/tariffa dei rifiuti per la gestione in proprio di questa frazione.
Vetro
Il vetro può essere riciclato infinite volte, da un punto di visto ecologico/energetico è meglio il riutilizzo. Nel riciclaggio il suo nemico numero uno è la ceramica che ha lo stesso peso specifico e quindi può essere tolta solo manualmente. Il vetro anche sotto i raggi del sole non cede nulla al liquido che vi è contenuto. I componenti principali del vetro sono: sabbia, carbonato e solfato di sodio, solfato di potassio, dolomite.
Carta
La carta può essere riciclata dando origine appunto alla carta riciclata che non viene prodotta dal legno, ma viene prodotto utilizzando la cellulosa della carta che viene fornita dalla raccolta differenziata. Nel riciclaggio della carta vi sono procedure per l’eliminazione dell’inchiostro (Procedure possibilmente non inquinanti o a bassissimo impatto ambientale) che devono essere applicate.
Ai fini del riconoscimento esiste la marchiatura volontaria di riconoscimento del materiale prevalente da parte dei produttori. Nel caso della carta il simbolo che rappresenta tutti i contenitori a base carta (a partire dal 25%) è CA.
PlasticaÂ
Anche per la raccolta differenziata della plastica bisogna seguire certe regole di base:
Virtualmente tutti i tipi di plastica sono adatti al riciclaggio, a meno di contaminazioni che lo rendano sconveniente. Nei prodotti sicuramente riciclabili vi è comunque il simbolo caratteristico (tre frecce a formare un triangolo) con all’interno il numero SPI ( Society of the Plastics Industry) identificativo del polimero specifico (pet, polietilene, polistirene..)
Alcuni tipi di plastica sono inadatti al riciclaggio diretto, così come viene attualmente svolto in molti comuni, per esempio, un tubetto di dentifricio non può essere riciclato a causa della difficile rimozione interna del residuo di prodotto, e così alcuni giocattoli, attaccapanni, custodie dei cd, ma in alcuni casi si possono indirizzare alla produzione di plastiche di bassa qualità come riempitivi, imballaggi industriali, alcuni arredi urbani, eccetera.
In genere sono sicuramente differenziabili le resine termoplastiche, quali i contenitori per liquidi in plastica (contenitori di detersivi, bagnoschiuma e bottiglie) e tutti quelli definiti imballaggi.
Sono non direttamente riciclabili, cioè non avviabili alla produzione di nuovo pellet per produrre plastica di buona qualità , le resine termoindurenti come la bakelite (tutta la vecchia plastica isolante elettrica e termica), resine ureiche (di uso più recente) , la melammina (piatti di plastica rigidi), le resine epossidiche (di uso più tecnologico, come colle ad alta resistenza) e molte resine poliestere (base di molti materiali compositi con fibre organiche od in vetro), il kevlar ed altre.
La discarica di rifiuti è un luogo dove vengono depositati in modo non selezionato i rifiuti solidi urbani e tutti i rifiuti provenienti dalle attività umane (detriti di costruzioni, scarti industriali, eccetera) che non si è voluto o potuto riciclare, inviare al trattamento meccanico biologico (TMB) eventualmente per produrre energia tramite bio-ossidazione a freddo, gassificare o, in ultima ratio, bruciare ed utilizzare come combustibile negli inceneritori (inceneritori con recupero energetico o termovalorizzatori).
La normativa italiana col Dlgs. 36/2003 recepisce la direttiva europea 99/31/CE che prevede tre tipologie differenti di discarica:
Discarica per rifiuti inerti
Discarica per rifiuti non pericolosi (tra i quali gli RSU, Rifiuti Solidi Urbani)
Discarica per rifiuti pericolosi (tra cui ceneri e scarti degli inceneritori)
La normativa definisce anche il piano di sorveglianza e controllo con i necessari parametri chimici, chimico-fisici, idrogeologici, meteoclimatici e topografici da determinare periodicamente con una stabilita frequenza delle misurazioni.[1]
L’uso delle discariche per il rifiuto indifferenziato deve essere assolutamente evitato. L’Unione Europea con la direttiva sopra citata (99/31/CE) ha stabilito che in discarica devono finire solo materiali a basso contenuto di carbonio organico e materiali non riciclabili: in altre parole, dando priorità al recupero di materia, la direttiva prevede il compostaggio ed il riciclo quali strategie primarie per lo smaltimento dei rifiuti (del resto la legge prevede che la raccolta differenziata debba raggiungere il 65% entro il 2011). Infatti, i residui di molti rifiuti, soprattutto di RSU organici, restano attivi per oltre 30 anni e, attraverso i naturali processi di decomposizione anaerobica, producono biogas e numerosi liquami (percolato) altamente contaminanti per il terreno e le falde acquifere per cui il conferimento senza preventivo trattamento di compostaggio è da evitarsi. Dati gli enormi tempi di degradabilità dei materiali normalmente conferiti in discarica (come le plastiche e ancor peggio i rifiuti pericolosi) è ragionevole stimare la possibilità di rilevare tracce di queste sostanze dopo la chiusura di una discarica per un periodo che va fra i 300 e i 1000 anni, per cui andrebbero trattati differentemente.
Alcuni paesi come la Germania, l’Austria e la Svizzera hanno eliminato il conferimento in discarica di rifiuti non trattati e le discariche sono utilizzate principalmente per lo stoccaggio delle ceneri dei termovalorizzatori o dei residui degli impianti di trattamento biologico e compostaggio.
Attualmente lo smaltimento in discarica in Italia è il principale metodo di eliminazione dei rifiuti, in quanto è semplice ed economico. Dati relativi al 2004 indicano che il 51,9% dei rifiuti totali prodotti è stato smaltito in discarica.[3]L’uso della discarica è molto intenso nei paesi poco sviluppati, mentre la tendenza generale è volta a limitare il conferimento in discarica applicando attivamente politiche di riduzione, riuso e riciclo, e sfruttando tecnologie quali il compostaggio e l’incenerimento per i residui.
Dal punto di vista dell’emissione in atmosfera di gas responsabili dei cambiamenti climatici, le discariche del tipo per rifiuti non pericolosi e quelle del tipo per rifiuti pericolosi risultano nocive se il rifiuto non viene preventivamente trattato e/o differenziato (come purtroppo spesso capita). È infatti scientificamente provato dall’organizzazione internazionale sui cambiamenti climatici, IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) che i rifiuti in discarica causano emissioni ad alto contenuto di metano e anidride carbonica, due gas serra molto attivi; una moderna discarica deve pertanto prevedere sistemi di captazione di tali gas (in particolare il metano, che può essere usato anziché disperso in atmosfera).
I problemi delle emissioni di gas possono tuttavia essere ridotti o eliminati con l’adozione di tecniche costruttive specifiche e con il pretrattamento dei rifiuti: in particolare la raccolta differenziata di quanto riciclabile e della frazione umida (responsabile delle citate emissioni liquide e gassose), e il cosiddetto trattamento a freddo mediante cui si accelera la decomposizione dei rifiuti prima del conferimento in discarica. Come detto, la stessa Unione Europea vieta il conferimento di materiale organico in discarica.
Per assolvere efficacemente al suo compito, e cioè limitare tali emissioni nocive e non diventare sorgente di inquinamento per il suolo o per l’idrosfera, una discarica deve essere progettata in modo adeguato e secondo tutte le relative norme di legge. Praticamente le discariche moderne devono essere costruite secondo una struttura a barriera geologica in modo da isolare i rifiuti dal terreno, rispettare gli standard igienici e la biosfera, riutilizzare i biogas prodotti come combustibile per generazione di energia. La struttura in genere è del tipo a “deposito sotteraneo”, costituita dal basso verso l’alto nel seguente modo:
un fondo passivo di argilla e isolamento plastico (geomembrana);
uno strato di sabbia per l’assorbimento, recupero e successivo trattamento del percolato;
lo strato di rifiuti;
un successivo strato superiore di terra per la copertura e la crescita di piante;
dei camini di esalazione e recupero per il gas (nel caso di discariche RSU).
Anche in una discarica moderna, si riesce a recuperare solo il 40% circa del metano, mentre il resto viene disperso.[4] È pertanto importante che la frazione umida dei rifiuti venga raccolta in modo differenziato o che comunque i rifiuti subiscano compostaggio e/o trattamento meccanico-biologico (vedi gestione dei rifiuti) prima del conferimento in discarica (questi processi permettono di recuperare il 100% del metano dato che avvengono in reattori chiusi).
A titolo di esempio, da una discarica di circa 1.000.000 di metri cubi che cresce di 60.000 mc ogni anno, si possono estrarre quasi 5,5 milioni di metri cubi di biogas all’anno (oltre 600 mc ogni ora)[5].
Gestione di una discarica di rifiuti
Se la discarica è progettata e costruita correttamente, i rifiuti devono comunque rimanere sorvegliati per almeno 30 anni dopo la sua chiusura. Nel frattempo l’area è utilizzabile per altri scopi (in genere il terreno superficiale può essere usato per la crescita di piante).
Se la progettazione di una discarica è importante, non meno lo è la sua gestione. Infatti ogni discarica viene progettata per accogliere determinati rifiuti (inerti, non pericolosi o pericolosi) e quindi, salvo modifiche successive, deve accogliere solo quel tipo di rifiuti. Ogni discarica è progettata per accogliere un determinato volume di rifiuti e quindi ha una vita limitata, che può essere sà prolungata, ma non protratta indefinitamente. Anche le procedure di trattamento e di messa a dimora dei rifiuti devono essere eseguite in modo da non compromettere la sicurezza per chi vi opera e da non favorire fenomeni di inquinamento.
L’inquinamento ambientale legato a una discarica ben controllata e gestita può essere sensibilmente ridotto (anche per quanto rigiarda i gas serra), oltre che attuando l’opportuna preselezione del materiale da conferirvi, sfruttando l’utilizzo della frazione compostabile per la produzione di biogas e ammendante agricolo. Vi sono comunque inconvenienti come la deturpazione del paesaggio e la necessità di sorvegliare l’area per un certo periodo di tempo dopo la cessazione dell’attività , oltre all’occupazione del terreno, che diviene inutilizzabile per altri scopi dopo la dismissione della discarica, che pure può essere trasformata in un’area verde.
I rifiuti solidi e la societÃ
Purtroppo, specialmente in Italia, esistono numerose discariche abusive (inquinanti e pericolose), non controllate, spesso connesse con attività mafiose come la camorra per il lucroso traffico illegale dei rifiuti (ecomafie).
Dal punto di vista energetico i rifiuti solidi sono molto più efficientemente trasformati se li si recupera e ricicla con tecniche moderne. Altra possibilità è l’incenerimento che comunque necessita di discariche per i residui (le ceneri, rifiuti pericolosi e pari a circa 10% in volume e 30% in peso del rifiuto introdotto) non riutilizzati e per il materiale non combustibile non recuperato (cosiddetto inerte). Dal punto di vista ambientale entrambe le tecniche di smaltimento (discarica e termovalorizzazione) possono essere considerate un male minore, da limitare in favore delle tecniche di recupero e riciclaggio. Tuttavia, anche una società educata alla minore produzione di rifiuti, al loro massimo riutilizzo e riciclaggio, non potrà mai fare a meno di un certo numero di discariche.
In Italia l’onere della gestione e del trattamento dei rifiuti è caricato sui bilanci dei comuni, che finanziano questo servizio con un’apposita tassa per la spazzatura (la Tarsu). In genere essa è proporzionale ai metri quadri dell’abitazione e al numero delle persone che vi risiedono, ma sarebbe più corretto valutare l’effettiva produzione di rifiuti differenziati/indifferenziati come avviene in alcuni comuni più virtuosi, dove la tassa è sostituita dalla Tariffa di igiene ambientale (Tia), a norma di legge.
La spesa principale consiste nel costo di trasporto (operatori e camion) dalle utenze fino alla discarica, che di solito è sita in territorio demaniale, di proprietà dello stesso comune. Se la spazzatura è depositata nel terreno di un privato o di un altro comune, i rifiuti vengono pesati e viene pagato un corrispettivo proporzionale al volume e/o peso introdotto in discarica. Il costo è quindi proporzionale alla produzione di rifiuti.
La permanenza dei rifiuti per lunghi periodi di tempo in discarica (su terreno demaniale) comporta pochi oneri economici di gestione, se non ci si preoccupa dell’impatto ambientale. La saturazione delle discariche, con la conseguenza di non potervi più conferire rifiuti, è una questione molto attuale che tra l’altro rappresenta una delle principali cause del cosiddetto “turismo dei rifiuti”, che comporta spesso lunghi viaggi in attesa dello smaltimento finale: emblematico e paradossale è ad esempio il caso della Campania che, in virtù di una cosiddetta «emergenza rifiuti», in corso ormai da molti anni, ha esportato centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti in altre regioni italiane e persino all’estero, proprio mentre, recentemente, veniva ribadita l’importanza dell’autonomia delle singole province nella gestione dei rifiuti[6].
Costi e (dis)incentivazione
Le discariche, se non progettate, realizzate e gestite nel migliore dei modi, sono il peggior sistema possibile per lo «smaltimento» dei rifiuti, anche perché il loro costo pressoché nullo le rende enormemente convenienti finanziariamente e molto più facili di qualunque altra soluzione di gestione dei rifiuti. Le discariche moderne hanno dei costi superiori, che però da soli non bastano a renderle meno convenienti economicamente di altre soluzioni, mentre è necessario che i costi delle soluzioni di smaltimento di rifiuti siano inversamente proporzionali alla loro priorità nel sistema integrato.
In Italia, specialmente dopo che la finanziaria 2007 ha abolito parzialmente i contributi ai nuovi inceneritori (si veda la voce inceneritore) si è temuto che il ricorso alla discarica torni ad aumentare; più in generale, il conferimento in discarica del rifiuto indifferenziato è da scoraggiare fortemente per incentivare il riciclo, e a questo scopo – fermo restando che il primo obiettivo è eliminare le discariche abusive e quelle non a norma – è utile imporre una «ecotassa» apposita sul conferimento in discarica; queste tasse (imposte al gestore e non direttamente ai cittadini) in Italia variano da 1 a 25 €/t a seconda della regione, mentre in Europa vanno dai quasi 90 €/t massimi in Austria (a seconda del tipo di rifiuto e del tipo di discarica) all’assenza di tasse in Germania.
Fonte: Wikipedia
Scarica il manuale per la Raccolta Differenziata
Modica: Il centrosinistra vuole la raccolta differenziata
Insiste sull’avvio di una seria raccolta differenziata, il centrosinistra, con tutti i benefici che si possono ricavare, per l’ambiente e per l’economia dei cittadini. L’opposizione ha preparato una mozione per il consiglio comunale che tenga conto, appunto, della raccolta differenziata chiedendo all’Ato ambiente di elaborare un piano complessivo che metta in atto tutti gli strumenti che permettano di fare decollare la raccolta differenziata prevedendo anche forme di incentivazione fiscale per gli utenti e per le imprese. “Soltanto in subordine – ha detto Antonello Buscema del Partito Democratico – si potrà parlare di discarica con una concertazione tra tutti gli Enti preposti.. L’Ato dovrà individuare i siti opportuni e, sulla base di ciò, qualora il sito ricada nel territorio di Modica, valuteremo il da farsi. In quel caso ci impegneremo a prendere una decisione. Il sindaco non può chiedere il via libero preventivo al consiglio comunale”. “L’amministrazione comunale – aggiunto il segretario dei Ds, Giancarlo Poidomani – ha fallito anche in questo campo e, addirittura, sta truffando mettendo in atto una campagna per singere i cittadini sul consiglio comunale ed evitare l’emergenza rifiuti”. “Il comune di Modica – ha ribadito Ignazio Abbate, consigliere provinciale Ds – è l’unico a non avere un progetto per il futuro, nè pensando ad istituire isole ecologiche o la raccolta porta a porta”. Vito D’Antona, consigliere comunale del movimento per la Sinistra Democratica, ha accusato il sindaco di volere strumentalizzare una pre emergenza mentre non ha fatto nulla per evitarla in sei anni. “La realizzazione di una discarica – ha detto D’Antona – va concordata con gli altri comuni del comprensorio. Bisogna ricucire i rapporti con i comuni del comprensorio e con l’Ato”. Il consigliere di Nuova Prospettiva, Nino Cerruto, ha accusato il comune di avere sperperato almeno centomila euro non effettuando una minima raccolta differenziata. Santo Santaera dei Verdi, ha ricordato – invece – agli alleati, di compulsare l’Ato ambiente a fare decollare il progetto già esecutivo per avviare la raccolta differenziata, “in quando – ha detto Santaera – si vuole arrivare all’emergenza per poi giustificare la realizzazione dei termovalorizzatori cosi come sta accadendo in Campania”.Loredana Modica
L’inceneritore di Terni
TERNI – Indicano l’inceneritore come un animale da cui guardarsi, accucciato in una conca dove l’aria stagna anche nei giorni di tramontana, in via Ratini, un budello sterrato tra le ciminiere e i silos della zona industriale del Sabbione. E lo fanno a maggior ragione ora, che l’animale tace della sua rugginosa ferraglia. Che i suoi due camini non esalano più bave di fumo.
Un nastro bianco e rosso e una macchina del corpo forestale dello Stato tengono lontani i curiosi (che non ci sono) e gli operai, che qui non metteranno più piede. A lungo. Affissi al cancello di ingresso, due fogli dattiloscritti dell’Agenzia Speciale Multiservizi (Asm) datati 14 gennaio avvisano “il personale degli impianti di termovalorizzazione, selezione e trasferenza che, per cause di forza maggiore, gli stessi non sono accessibili e pertanto tutto il personale è posto provvisoriamente in libertà fino a nuova disposizione”.
Comunicano che 32 operai, entro le prossime 48 ore, “dovranno recarsi presso lo studio medico del dottor Barconi, in via Pacinotti, per sottoporsi ad esame radiologico”. La città già sa dal primo mattino. La Procura della Repubblica ha disposto il sequestro dell’impianto con un provvedimento che racconta una storia lugubre, un “disastro ambientale” nella civile, ordinata e pulita Umbria. Che vale nove informazioni di garanzia e accusa il sindaco di una giunta di centro-sinistra eletta al secondo mandato con il 70 per cento dei suffragi di aver avvelenato la propria gente. L’aria che respira, la terra che calpesta, il fiume di cui va fiera, il Nera.
Vecchio di trentadue anni, l’inceneritore ha ruminato e bruciato sino al dicembre scorso (quando ne era stato disposto dal comune un fermo temporaneo per lavori di manutenzione straordinaria) oltre il 50 per cento dei rifiuti urbani della città e della sua intera provincia producendo, sin quando è economicamente convenuto, energia elettrica (5 megawatt l’ora). Ma in uno scambio diabolico, a leggere le sette pagine con cui il pubblico ministero Elisabetta Massini avvisa gli indagati dello scempio di cui li ritiene responsabili.
Perché la pulizia della città ne avrebbe significato di fatto la lenta e silenziosa intossicazione. A cominciare dal 2003 e fino a qualche settimana fa. I liquami dell’inceneritore – scrive il magistrato – venivano scaricati nel Nera in disprezzo dei limiti di concentrazione fissati dalla legge per il mercurio, per i residui dei cosiddetti metalli pesanti (selenio, cadmio, cromo totale, nichel, piombo, manganese, rame, zinco). E i responsabili dell’Asm (la municipalizzata che controlla l’impianto) ne sarebbero stati a tal punto consapevoli da tentare di “diluirli” nel tempo “aggiungendo acque di raffreddamento provenienti dalle torri dell’impianto”.
I forni bruciavano senza autorizzazione, anche ciò che non avrebbero potuto – si legge ancora – lasciando che le ciminiere alitassero nell’aria “acido cloridrico” e “diossine”, liberate da una “combustione” tenuta al disotto dei limiti (850 gradi) e dissimulata da false attestazioni dei cicli di lavorazione. Ancora: avrebbero bruciato anche rifiuti radioattivi. Come dimostrerebbero cinque “incidenti” registrati lo scorso anno. Il 16 marzo 2007 – scrive il pubblico ministero – viene dato ingresso nell’impianto a legno e carta provenienti da Monza e risultati radioattivi. Il 27 giugno, una nuova “positività “. Anche se questa volta i rifiuti sono ospedalieri. Arrivano da dietro l’angolo. Dal “Santa Maria di Terni”. E non sembra un’eccezione.
Perché il 4, il 9 e il 24 ottobre sono ancora “rifiuti sanitari” a far muovere gli aghi dei rilevatori di radiazioni. Va da sé – accusa il pubblico ministero – che agli operai che lavorano nella pancia dell’inceneritore venga taciuto in quale crogiolo di veleni siano immersi.
A quale sorgente cancerogena siano esposti, “nonostante, già nel 2002, uno studio commissionato dalla stessa Asm avesse accertato come ragionevolmente prevedibile il rischio di contaminazione”. Nell’impianto nessuno sembra preoccuparsene. Peggio: nel reparto di “trasferenza”, dove i rifiuti vengono separati e compattati, i filtri sono a tal punto ostruiti che “gli operai, per poter respirare, sono costretti a tenere aperte porte e finestre dei locali, provocando continue immissioni nell’aria di polveri nocive, da carta, nylon e altri rifiuti leggeri”.
Paolo Raffaelli, il sindaco, parla con un nodo alla gola. Alle tre del pomeriggio, di fronte al magnifico palazzo Spada, la casa municipale, attraversando una piazza che brilla come uno specchio, c’è chi lo ferma e lo abbraccia scoppiando in lacrime. È stato nel Pci e nei Ds. Sarà nel Partito democratico. È stato fino al ’99 parlamentare. È un uomo intelligente e non gli sfugge cosa significhi l’avviso di garanzia che ha ricevuto qualche ora prima insieme all’intero vertice della municipalizzata che gestisce l’inceneritore (il presidente dell’Asm Giacomo Porrazzini, anche lui ex parlamentare europeo dei Ds; i consiglieri di amministrazione Stefano Tirinzi, Antonio Iannotti, Attilio Amadio, Francesco Olivieri; il direttore generale Moreno Onori; i delegati per i servizi di igiene e prevenzione Giovanni Di Fabrizio e Mauro Latini).
Dice: “Stavo già passando settimane umanamente terribili per la Thyssen, che qui ha il suo stabilimento madre. E non sarei sincero se ora sostenessi che sui rifiuti sono tranquillo perché nel merito di questa vicenda ritengo che, nel tempo, siano state fornite alla magistratura tutte le controdeduzioni tecniche necessarie a far cadere gli addebiti gravi e direi pure infamanti che ci vengono mossi.
La verità è che questo sequestro non solo sporca la mia immagine politica, ma fa riprecipitare in tutto il Paese e nella sinistra la discussione sullo smaltimento dei rifiuti a un’antica e improduttiva guerra di religione: “inceneritore si”, “inceneritore no”. A Napoli, Bassolino e la Iervolino sono stati “impiccati” per non averlo ancora costruito. Io, da tempo, vengo “impiccato” dalla destra e da settori dell’ambientalismo per averlo fatto funzionare in un quadro integrato di raccolta differenziata, termovalorizzazione, uso delle discariche, sviluppo di nuove tecniche di bioriduzione.
Una cosa sola è certa. Questo sequestro non riuscirà a sporcare la città , anche perché, sensibilizzata dal prefetto, la magistratura ha compreso che per evitare che Terni sia sommersa di rifiuti nel giro di quattro giorni, almeno i reparti di raccolta dei rifiuti dell’impianto possano continuare a funzionare come snodo di smistamento”.
A un costo, però. Che apre un nuovo capitolo dell’emergenza trecento chilometri a nord della linea del Garigliano. Da questa mattina, tutti i rifiuti urbani di Terni e della sua provincia saranno avviati “tal quali” (così si definisce in gergo l’immondizia non separata) nelle “crete” di Orvieto, la discarica che, sino ad oggi, ha raccolto solo il 20 per cento degli scarichi del ternano. Il cielo umbro respira. La sua terra comincia a gonfiarsi. Al veleno non sembra esserci rimedio. Neppure qui. Tra ulivi e colline smeraldo che il mondo ci invidia.
Fonte repubblica.it (15 gennaio 2008)
La città appare come un sogno infranto
Modica – Hanno scritto al sindaco per esprimere il loro dissenso
Studenti di architettura feriti dallo scempio dell´Idria
Duccio Gennaro su Corriere di Ragusa
Un sogno infranto. La città appare così a Rossella, studentessa di architettura del politecnico di Milano, che ha scritto delle sue sensazioni ed affidato ad una lettera aperta a Piero Torchi le sue riflessioni rispetto a ciò che appare oggi l’ennesimo invasione sul pendio della collina dell’Idria (nella foto).
“ E’ stata scalfita la superficie informe e nebulosa di un mistero, rotto lo stupore interminabile degli sguardi increduli che la visitavano, smorzato ogni sussulto, cancellato ogni motivo di fierezza. Spenti i colori, affievoliti i profumi, azzerato il tempo, reciso il cordone ombelicale con questa terra.â€
Le riflessioni della studentessa Rossella su Modica si aggiungono a quelle di un gruppo di giovani studenti di architettura di ritorno nella loro città per le vacanze natalizie che hanno voluto invece denunziare le responsabilità di quanti tra residenti, amministratori, uomini di cultura non hanno sentito l’urgenza e la necessità di aprire un dibattito sulla sull’ampliamento di un immobile al centro della collina dell’Idria che negli scorsi mesi.
Ai giovani studenti di architettura infatti il preservare l’identità del paesaggio della città è fatto culturale prima che tecnico ed ognuno si deve fare carico del problema nei confronti delle generazioni future; la mole della costruzione affacciata come un balcone sulla città barocca deve innescare ad amministratori, sovrintendenti e tecnici, oggi come in futuro, una discussione su come coniugare interventi così pesanti e massivi con la tutela del paesaggio.
“ Ho sentito le pietre gridare “ sintetizza Rossella nella sua lettera “ Ma era un rumore sordo ; il mio sguardo, dalla scalinata di San Giorgio faceva capolino al quartiere d’Oriente e si calava sulle rocce, protetto da un silenzio plumbeo e dallo schermo delle impalcature quasi strategicamente disposte a velare quel segno offensivo, quel gesto sprezzante di tanta bellezza.†Cosa fare dunque di un progetto che per sovrintendenza, ufficio tecnico e direttore dei lavori ha tutti i crismi della legalità visto che tecnicamente si tratta di un ampliamento in una zona non classificabile o omologabile al centro storico ? Al momento c’è solo una pausa di riflessione che ha fermato il cantiere mentre proprietario e progettista difendono la qualità dell’intervento.
Al sindaco Piero Torchi la turista studentessa affida invece l’ultima riflessione “ Quello scheletro che Lei vede non sarà che uno scheletro nell’armadio per la sua Modica, uno squillo di tromba fra un leggero fruscio di foglie, un gesto di improvvida irresponsabilità di fronte ad uno stato di apparente apatia. E nel guardare per l’ultima volta quello scempio affiora un misto di rabbia e di pena – maledetti architetti! – mi verrebbe da dire, come scriveva Tom Wolfe; spero almeno Lei si dissoci, caro Sindaco, da questa armata brancaleone “.
Â
Urbanizzazione selvaggia, un territorio senza regole!
Modica – Sono in particolare gli imprenditori catanesi a edificare
Conseguenze gravi della mancata adozione della variante al Prg
Antonio Di Raimondo su Corriere di Ragusa
Una urbanizzazione selvaggia. Il territorio modicano è preda ambita dagli imprenditori di tutta la Sicilia, che hanno in pratica trovato l’isola felice della speculazione edilizia. Tutto questo a causa della mancata approvazione del Piano regolatore generale che, non a caso, è costato il commissariamento all’ente. E intanto, mentre si organizzano missioni a Palermo per la revoca dell’atto, Modica diventa sempre più terra di nessuno, visto che le regole in materia urbanistica non sono mai state fissate. E così si costruiscono villette a schiera (l’affare del momento) in ogni dove: dai terreni a destinazione artigianale a quelli agricoli.
Esempio emblematico il piano edilizio che prevedono la costruzione di 80 villette nei pressi della zona artigianale di Michelica, laddove sorgerà anche il centro commerciale “La Fortezzaâ€. E poi ancora le contestate villette di via Nuova Sant’Antonio, i cui lavori sono iniziati tra le polemiche, poi bloccati e adesso ripresi. Ma la lista sarebbe troppo lunga. Come troppa è la concorrenza degli imprenditori che, date le spalle molto più robuste sotto l’aspetto economico rispetto ai colleghi modicani, possono fare il bello ed il cattivo tempo.
In pratica su una dozzina di imprese del Catanese e del Siracusano in particolare, che stanno edificando a più non posso, appena un paio sono le imprese del Ragusano che sono riuscite a spartirsi una piccola fetta della megatorta offerta su un vassoio d’argento da un’amministrazione che, per un motivo o per un altro, in primis per l’incompatibilità del consiglio comunale nella precedente composizione, non ha mai approvato la variante al Prg. Il dato è stato evidenziato proprio da un consigliere, Salvador Avola (nella foto) del Partito Democratico, altresì imprenditore edile il quale adombra sospetti su questa circostanza. Proprio l’assenza di regole ben precise, difatti, ha scatenato l’urbanizzazione selvaggia senza nessun criterio. E, cosa ancor più grave, nessun atto è mai passato al vaglio del consiglio comunale.
“In pratica gli imprenditori da fuori provincia – sostiene Avola – investono con sicurezza milioni di euro nell’edificazione di villette a schiera senza neanche preoccuparsi del fatto che il consiglio comunale possa esprimere parere negativo sul piano edilizio. Evidentemente – aggiunge il consigliere – qualcuno fornisce loro certezze sul fatto che la civica assise non si occuperà mai di queste vicende. Un fatto molto graveâ€. E se gli imprenditori giunti da fuori si propongono di fare soldi a palate, quelli locali soffrono quasi la fame. “L’economia nostrana si sta fermando – incalza Avola – perché nessuno partecipa più a gare d’appalto che, nella maggior parte dei casi, vanno deserte o vedono la partecipazione di ditte extra provinciali. Questo perchè c’è un enorme clima di sfiducia nei confronti di un’amministrazione che non paga, nonostante i ribassi d’asta assurdi che riducono di parecchio il margine di guadagno di un’azienda.
Per lo stesso motivo – prosegue Avola – sono del tutto scomparsi gli affidamenti a cottimi e trattative private. Addirittura, e qui si sfiora il paradosso, per rientrare in possesso delle somme dovute dal comune, alcuni imprenditori ricorrono all’escamotage del baratto, detraendo gli oneri di urbanizzazione dalle somme dovute dall’ente per lavori o servizi svolti in precedenza. Mai – conclude Avola – si era giunti ad un livello così bassoâ€.
Lo scenario tracciato dal consigliere è abbastanza preoccupante: laddove gli altri comuni hanno individuato aree ben precise dove poter edificare (vedi Ragusa, pur con le polemiche legate alle aree Peep) a Modica non esiste invece regola alcuna. E’ un territorio selvaggio, sotto il profilo dell’edilizia, che sta attirando gli imprenditori siciliani come le mosche al miele. Il commissariamento deciso dalla Regione ha per certi versi posto uno stop a tutto questo, ma il danno maggiore è comunque già stato fatto.
Le conseguenze saranno sperimentate dai modicani sulla loro pelle quando, a fronte di decine di nuove villette o altri insediamenti abitativi, non corrisponderà un’adeguata rete viaria, fognaria e idrica. Senza dimenticare l’impatto ambientale. “A chi ha fatto davvero comodo la mancata approvazione della variante al piano regolatore generale� Questo il quesito che si pone Salvador Avola, assieme al resto dell’Unione.
Â
Rapporto del National Geographic. Così si salva il pianeta inquinato
Il fascicolo sulle minacce alla salute della terra da domani in edicola
L’aggressione alla natura si può arrestare con una nuova cultura e ricerche mirate
L’umanità sembra camminare su due binari diversi
un mondo sempre più ricco e uno sempre più povero
di LUIGI BIGNAMI su Repubblica
ROMA – Prima di intervenire su un paziente è necessario conoscere profondamente le sue condizioni. E questo vale anche per il nostro pianeta, che oggi molti considerano ammalato o per lo meno molto diverso da come lo avevano conosciuto i nostri progenitori fino al secolo scorso. Per valutare in maniera appropriata le condizioni del mondo in cui viviamo National Geographic italiano, in edicola da domani, ha dedicato un allegato che disegna in modo esauriente la situazione del mondo e dell’umanità di oggi.
Si scopre, ad esempio, come le attività dell’uomo abbiano alterato quasi il 35 per cento della superficie del pianeta per creare pascoli e colture; gli ecosistemi degli oceani hanno subito gli effetti della pesca al punto che hanno ridotto fino al 10% le popolazioni di alcune tra le specie di pesce più richieste dai consumatori. E per capire il livello d’inquinamento che produce l’umanità basta un solo dato: nel corso della propria esistenza ogni individuo del mondo industrializzato genera rifiuti pari a 600 volte il proprio peso, tra cui ben il 12 per cento è plastica. (more…)
Niente auto, poco cibo la mia vita a emissioni zero
L’INCHIESTA / Verdure di stagione, docce brevi, luci a bassa intensità , poco riscaldamento
Per sette giorni abbiamo provato a vivere consumando il minor quantitativo di CO2
di PAOLO RUMIZ su Repubblica
C’è un uomo che vive al freddo, senza automobile e con la dispensa semivuota. Mangia poca carne, riutilizza la carta usata e va in bici al mercato per comprare rape sporche di terra dai contadini. E’ un cuorcontento, accetta ogni restrizione e anche nei giorni di festa vive lietamente con i motori al minimo. Chi può essere? Un originale, direte. Un poveraccio con la pensione da fame.
Sbagliato. Quel tale è un paladino solitario di “Emissione-zero”, uno che tenta di vivere producendo il minimo di Co2, il gas che la civiltà dello spreco spara nell’atmosfera surriscaldando la Terra e chiudendoci tutti in una cappa mortale. Uno che cerca di vivere mirando a quello zero impossibile, testardamente, per salvare il mondo che verrà .
Ecco, per una settimana ho provato a vivere così. All’osso, calcolando l’equivalente in anidride carbonica di ogni minimo atto. Ho misurato i chilometri in treno, il cibo consumato, i tempi di cottura, gli sciacquoni, e poi ho tirato le somme.
Risultato? Ho consumato metà della metà e la mia vita è cambiata. Sono diventato più ricco, più leggero, più sensibile all’insulto dello spreco. E sicuramente più ai ferri corti con un Paese che non fa nulla per premiare il consumo virtuoso. (more…)
Lo smog fa il giro del mondo, a rischio anche le zone “pulite”
Studio americano: la polvere può attraversare l’Oceano
raggiungendo i polmoni di persone in continenti lontani
ROMA – Gli scienziati dell’Università di Washington già da un decennio avevano intuito che lo smog potesse fare il giro del mondo. Questa consapevolezza li ha portati a studiare il percorso della polvere del deserto del Gobi, fino a scoprire che questa era in grado di attraversare l’Oceano Pacifico e mescolarsi con la polluzione atmosferica della costa occidentale nordamericana. Emily Fisher, una ricercatrice dell’università di Washington, è riuscita per la prima volta a dimostrare quello che per molti scienziati è stato per anni solo un sospetto: le zone meno inquinate della Terra corrono il serio rischio di venire “contaminate” dalle polveri sottili dei centri metropolitani, con gravi pericoli per la salute della popolazione mondiale e del pianeta.
Dal deserto del Gobi a Los Angeles. Per il suo studio la Fisher ha utilizzato due database, uno relativo alle tempeste desertiche nei deserti del Gobi e del Taklimakan e uno contenente informazioni sulla qualità dell’aria della costa americana occidentale, entrambi compilati fra il 1998 e il 2006. Incrociandoli è riuscita a dimostrare che nei mesi primaverili le polveri provenienti dalle zone più aride di Cina e Mongolia sono presenti e molto comuni nell’aria di città come Los Angeles o San Diego. I risultati delle sue osservazioni sono stati presentati al meeting dell’American Geophysical Union di San Francisco, riscuotendo l’interesse della comunità scientifica mondiale.
Secondo lo studio, tutto questo si verificherebbe quando le tempeste desertiche sono più aggressive. In questo caso, le particelle di polvere rintracciabili a migliaia di chilometri di distanza aumenterebbero di due volte e mezzo. E si tratta di materiale che, essendo tanto “leggero” da poter viaggiare attorno al Pianeta, è facilmente inalabile da parte delle persone.
“Lo smog ‘locale’ – ha spiegato la scienziata – è certamente quello che più si ripercuote sulla salute delle persone. Ma i miei studi dimostrano che anche chi vive in zone ricche di parchi o foreste può subire le conseguenze dell’inquinamento globale. Anzi, più l’aria del luogo dove si vive è pulita, più questi spostamenti di polveri influiscono sulla qualità dell’ambiente”.
Il termine smog nasce come fusione delle due parole inglesi smoke (fumo) e fog (nebbia). I principali fattori che costituiscono questo tipo di inquinamento sono il particolato, l’anidride solforosa, l’ossido di carbonio, gli ossidi di piombo, gli ossidi di azoto, i residui della combistione del gasolio.
La Repubblica
(21 dicembre 2007)
Inquinamento, energia e rifiuti
Pubblicato l’annuario 2007 dell’Agenzia per l’Ambiente e il Territorio
Pessimi i dati sulle polveri sottili, i consumi energetici e la raccolta differenziata
ROMA – E’ una fotografia dell’Italia con molte ombre e poche luci quella scattata dall’Annuario Apat 2007 presentato oggi a Roma. L’agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente e del territorio racconta di un paese sempre più inquinato, sempre più schiavo dell’automobile, sempre più incapace di ridurre i consumi energetici e la produzione di rifiuti. Tutti indicatori negativi non solo in assoluto, ma anche nella grande sfida per la riduzione delle emissioni di gas serra e la lotta ai cambiamenti climatici, ai quali i dati confermano che siamo tra i più vulnerabili, con il periodo dal 1981 al 2006 che ha registrato un 21 notti tropicali (ovvero con temperatura minima uguale o sopra 20 gradi) rispetto allo stesso periodo precedente.
Le uniche note rosa arrivano invece dalla situazione ecologica dei fiumi, che in linea di massima hanno una valutazione “ottima e buona”, dei laghi, che si guadagnano un giudizio compreso tra “sufficiente e ottimo” e dei boschi, in crescita anche se il trend positivo ha subito un duro colpo con i 7.000 incendi avvenuti nei primi otto mesi del 2007.
Nel dettaglio, l’annuario Apat segnala il continuo sforamento dei limiti stabiliti per le polveri sottili (Pm10). Nel 2006 risultavano fuorilegge già a febbraio Milano, Torino,Venezia e Bologna; a marzo Roma; a giugno Genova e Firenze; a ottobre Bari. Sul banco degli imputati innanzitutto il trasporto su gomma, per il quale gli italiani detengono il record europeo di 43 milioni di veicoli (compresi motocicli e vetture commerciali), circa 0,74 per abitante. Nel 2006, rispetto al 1990, aumenta del 29% il trasporto stradale privato che arriva a costituire l’ 81,2% della domanda di trasporto passeggeri,
Dal 1990 al 2005 inoltre è cresciuto di oltre il 30% anche il trasporto merci. Quello su strada, come tutti si sono dolorosamente accorti in occasione del blocco dei Tir, costituisce circa il 70% del totale. Ma tante auto, oltre allo smog, significano anche tanto rumore che si va ad aggiungere a quello prodotto da altre attività . L’Apat ricorda come i cittadini segnalino disagi crescenti per attività commerciali e di servizio fonti di inquinamento acustico.
Tra le note di allarme anche l’aumento del consumo nazionale di energia ( 43,2% tra il 1990 e il 2006) e la produzione di rifiuti (dal 1997 al 2004 è cresciuta del 60%, passando da 87,5 milioni di tonnellate a poco meno di 140 milioni), alla quale la raccolta differenziata con le sue lentezze non riesce a tenere testa.
La Repubblica
(18 dicembre 2007)
CON GLI IDROCARBURI NON SI PUO’ SBAGLIARE
BASTA UN SEMPLICE SBAGLIO PER MANDARE A PANCIA ALL’ARIA UN TERRITORIO!!!
IN VAL DI NOTO NON CI STIAMO!! NON VOGLIAMO RISCHIARE!!
NELLA RADA DI AUGUSTA, GELA, MILAZZO IL RISCHIO E’ GIORNALIERO.
LA SICILIA NON NE PUò PIù!!!
Ecco un altro motivo perchè siamo per il NO ALLE PERFORAZIONI GAS-PETROLIFERE è accaduto in questi giorni in COREA.
Mandate all’aria le attività turistiche e la Natura di quella zona costiera.
UNA NAVE SBAGLIA MANOVRA E SPERONA UNA PETROLIERA ANCORATA NEL PORTO DI TAENAN (COREA)
Il più grave incidente nel Paese negli ultimi 12 anni. Nel ’95 disperse 5.000 tonnellate di petrolio Corea del Sud, disastro ecologico 15 mila tonnellate di greggio in mare Collisione tra due navi, 15.000 tonnellate di greggio in mare SEUL – Disastro ecologico nel mare della Corea del Sud. Una nave che trasportava una grossa gru è finita contro una petroliera. Dalla chiglia squarciata si sono dispersi nell’acqua del porto sudcoreano di Taenan 15.000 tonnellate di greggio. L’incidente sarebbe più grave ancora di quello avvenuto nel 1995, quando 5.000 tonnellate di greggio finirono in mare a Yeosu, un altro porto a sud di Seul. Un responsabile del ministero degli affari marittimi e della pesca ha ammesso che “è la peggiore marea nera della storia del paese. Temiamo una catastrofe ecologica”. La petroliera Hebei Sprint da 146.000 tonnellate registrata ad Hong Kong, era ancorata a Taenan, 90 chilometri a sud-ovest di Seul, per scaricare il greggio portato dal Medio Oriente destinato al raffinatore sudcoreano Hyundai Oilbank. La nave con a bordo la gru sembra l’abbia urtata per un errore umano commesso durante la manovra di entrata nel porto. Per impedire che il petrolio possa raggiungere le zone costiere sono state approntate delle boe speciali. Una cellula di crisi è stata costituita dalle autorità che hanno inviato 40 guardie costiere, diverse navi e quattro elicotteri. (La Repubblica 7 dicembre 2007)