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Raccolta differenziata e discariche

Posted in Articoli by admin on 23 Gennaio 2008

Per raccolta differenziata dei rifiuti si intende un sistema di raccolta dei rifiuti solidi urbani differenziata per ogni tipologia di rifiuto (per esempio carta, plastica, vetro, umido etc..).
La composizione media dei rifiuti è un dato difficile da stabilire, varia con la zona, la ricchezza e la cultura del cittadino, nonché con la produzione industriale del luogo. Un dato abbastanza certo è la produzione giornaliera per abitante che nel 2006 in media in Italia è vicina ad 1,2 kg al giorno.

Entro il 2006 era obbligo di tutti i Comuni raccogliere in maniera differenziata almeno il 35% dei rifiuti (in origine tale percentuale era da raggiungere nel 2003); la nuova normativa prevede l’obbligo di raggiungere il 65% entro il 2010. In Italia esistono molti Comuni che ottengono ottimi risultati superiori all’80% di materiale differenziato; tra le grandi città con più di 500.000 abitanti il primato spetta a Torino, che nel 2007 ha raggiunto il 40,7% di raccolta differenziata[1].
In molti dei Comuni che primeggiano nella raccolta differenziata viene applicato un incentivo diretto alla selezione. In pratica viene applicato il principio “più inquini più paghi”. Per contro più ricicli più risparmi. Per applicare una misura precisa di quanto il cittadino sia bravo il comune vende (talvolta con distributori automatici) gli unici sacchetti abilitati allo smaltimento dei rifiuti non riciclabili al costo del sacchetto più il costo dei rifiuti che questo contiene. Quindi se un cittadino differenzia bene i suoi rifiuti dovrà acquistare meno sacchi. Nel Comune di Terni in Umbria si utilizza la banda magnetica del tesserino del servizio sanitario nazionale per identificare il cittadino durante l’uso del distributore automatico di sacchi.

Organico
Talvolta chiamato “umido” la frazione compostabile dei rifiuti domestici è spesso la prima componente dei rifiuti (~25-30%). In discarica genera il cosidetto biogas (metano) che talvolta è utilizzato come fonte energetica e il percolato cioè il liquame che si raccoglie sul fondo della discarica. Le discariche hanno il fondo creato con fogli di pvc termosaldato che incanala il percolato verso il fondo dove viene raccolto e portato ad impianti di depurazione. È per questo che la discarica deve essere sorvegliata fino a 20 anni dopo la chiusura. Gli impianti di compostaggio possono “pretrattare” il rifiuto prima di disporlo in discarica recuperando il metano ed evitando la formazione di percolato. L’organico in molti comuni è gestito in casa dai cittadini, che lo riciclano in proprio attraverso il compostaggio domestico. In giardino con un contenitore apposito detto composter, anche autocostruito, si raccoglie la frazione organica di cucina e dell’orto/giardino che mediante un processo aerobico di decomposizione si trasforma in concime adatto ad essere riutilizzato direttamente nell’orto. Molti comuni riconoscono al cittadino compostatore uno sconto sulla tassa/tariffa dei rifiuti per la gestione in proprio di questa frazione.
Vetro
Il vetro può essere riciclato infinite volte, da un punto di visto ecologico/energetico è meglio il riutilizzo. Nel riciclaggio il suo nemico numero uno è la ceramica che ha lo stesso peso specifico e quindi può essere tolta solo manualmente. Il vetro anche sotto i raggi del sole non cede nulla al liquido che vi è contenuto. I componenti principali del vetro sono: sabbia, carbonato e solfato di sodio, solfato di potassio, dolomite.
Carta
La carta può essere riciclata dando origine appunto alla carta riciclata che non viene prodotta dal legno, ma viene prodotto utilizzando la cellulosa della carta che viene fornita dalla raccolta differenziata. Nel riciclaggio della carta vi sono procedure per l’eliminazione dell’inchiostro (Procedure possibilmente non inquinanti o a bassissimo impatto ambientale) che devono essere applicate.
Ai fini del riconoscimento esiste la marchiatura volontaria di riconoscimento del materiale prevalente da parte dei produttori. Nel caso della carta il simbolo che rappresenta tutti i contenitori a base carta (a partire dal 25%) è CA.
Plastica 
Anche per la raccolta differenziata della plastica bisogna seguire certe regole di base:
Virtualmente tutti i tipi di plastica sono adatti al riciclaggio, a meno di contaminazioni che lo rendano sconveniente. Nei prodotti sicuramente riciclabili vi è comunque il simbolo caratteristico (tre frecce a formare un triangolo) con all’interno il numero SPI ( Society of the Plastics Industry) identificativo del polimero specifico (pet, polietilene, polistirene..)
Alcuni tipi di plastica sono inadatti al riciclaggio diretto, così come viene attualmente svolto in molti comuni, per esempio, un tubetto di dentifricio non può essere riciclato a causa della difficile rimozione interna del residuo di prodotto, e così alcuni giocattoli, attaccapanni, custodie dei cd, ma in alcuni casi si possono indirizzare alla produzione di plastiche di bassa qualità come riempitivi, imballaggi industriali, alcuni arredi urbani, eccetera.
In genere sono sicuramente differenziabili le resine termoplastiche, quali i contenitori per liquidi in plastica (contenitori di detersivi, bagnoschiuma e bottiglie) e tutti quelli definiti imballaggi.
Sono non direttamente riciclabili, cioè non avviabili alla produzione di nuovo pellet per produrre plastica di buona qualità, le resine termoindurenti come la bakelite (tutta la vecchia plastica isolante elettrica e termica), resine ureiche (di uso più recente) , la melammina (piatti di plastica rigidi), le resine epossidiche (di uso più tecnologico, come colle ad alta resistenza) e molte resine poliestere (base di molti materiali compositi con fibre organiche od in vetro), il kevlar ed altre.

La discarica di rifiuti è un luogo dove vengono depositati in modo non selezionato i rifiuti solidi urbani e tutti i rifiuti provenienti dalle attività umane (detriti di costruzioni, scarti industriali, eccetera) che non si è voluto o potuto riciclare, inviare al trattamento meccanico biologico (TMB) eventualmente per produrre energia tramite bio-ossidazione a freddo, gassificare o, in ultima ratio, bruciare ed utilizzare come combustibile negli inceneritori (inceneritori con recupero energetico o termovalorizzatori).
La normativa italiana col Dlgs. 36/2003 recepisce la direttiva europea 99/31/CE che prevede tre tipologie differenti di discarica:
Discarica per rifiuti inerti
Discarica per rifiuti non pericolosi (tra i quali gli RSU, Rifiuti Solidi Urbani)
Discarica per rifiuti pericolosi (tra cui ceneri e scarti degli inceneritori)
La normativa definisce anche il piano di sorveglianza e controllo con i necessari parametri chimici, chimico-fisici, idrogeologici, meteoclimatici e topografici da determinare periodicamente con una stabilita frequenza delle misurazioni.[1]
L’uso delle discariche per il rifiuto indifferenziato deve essere assolutamente evitato. L’Unione Europea con la direttiva sopra citata (99/31/CE) ha stabilito che in discarica devono finire solo materiali a basso contenuto di carbonio organico e materiali non riciclabili: in altre parole, dando priorità al recupero di materia, la direttiva prevede il compostaggio ed il riciclo quali strategie primarie per lo smaltimento dei rifiuti (del resto la legge prevede che la raccolta differenziata debba raggiungere il 65% entro il 2011). Infatti, i residui di molti rifiuti, soprattutto di RSU organici, restano attivi per oltre 30 anni e, attraverso i naturali processi di decomposizione anaerobica, producono biogas e numerosi liquami (percolato) altamente contaminanti per il terreno e le falde acquifere per cui il conferimento senza preventivo trattamento di compostaggio è da evitarsi. Dati gli enormi tempi di degradabilità dei materiali normalmente conferiti in discarica (come le plastiche e ancor peggio i rifiuti pericolosi) è ragionevole stimare la possibilità di rilevare tracce di queste sostanze dopo la chiusura di una discarica per un periodo che va fra i 300 e i 1000 anni, per cui andrebbero trattati differentemente.

Alcuni paesi come la Germania, l’Austria e la Svizzera hanno eliminato il conferimento in discarica di rifiuti non trattati e le discariche sono utilizzate principalmente per lo stoccaggio delle ceneri dei termovalorizzatori o dei residui degli impianti di trattamento biologico e compostaggio.
Attualmente lo smaltimento in discarica in Italia è il principale metodo di eliminazione dei rifiuti, in quanto è semplice ed economico. Dati relativi al 2004 indicano che il 51,9% dei rifiuti totali prodotti è stato smaltito in discarica.[3]L’uso della discarica è molto intenso nei paesi poco sviluppati, mentre la tendenza generale è volta a limitare il conferimento in discarica applicando attivamente politiche di riduzione, riuso e riciclo, e sfruttando tecnologie quali il compostaggio e l’incenerimento per i residui.
Dal punto di vista dell’emissione in atmosfera di gas responsabili dei cambiamenti climatici, le discariche del tipo per rifiuti non pericolosi e quelle del tipo per rifiuti pericolosi risultano nocive se il rifiuto non viene preventivamente trattato e/o differenziato (come purtroppo spesso capita). È infatti scientificamente provato dall’organizzazione internazionale sui cambiamenti climatici, IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) che i rifiuti in discarica causano emissioni ad alto contenuto di metano e anidride carbonica, due gas serra molto attivi; una moderna discarica deve pertanto prevedere sistemi di captazione di tali gas (in particolare il metano, che può essere usato anziché disperso in atmosfera).
I problemi delle emissioni di gas possono tuttavia essere ridotti o eliminati con l’adozione di tecniche costruttive specifiche e con il pretrattamento dei rifiuti: in particolare la raccolta differenziata di quanto riciclabile e della frazione umida (responsabile delle citate emissioni liquide e gassose), e il cosiddetto trattamento a freddo mediante cui si accelera la decomposizione dei rifiuti prima del conferimento in discarica. Come detto, la stessa Unione Europea vieta il conferimento di materiale organico in discarica.

Per assolvere efficacemente al suo compito, e cioè limitare tali emissioni nocive e non diventare sorgente di inquinamento per il suolo o per l’idrosfera, una discarica deve essere progettata in modo adeguato e secondo tutte le relative norme di legge. Praticamente le discariche moderne devono essere costruite secondo una struttura a barriera geologica in modo da isolare i rifiuti dal terreno, rispettare gli standard igienici e la biosfera, riutilizzare i biogas prodotti come combustibile per generazione di energia. La struttura in genere è del tipo a “deposito sotteraneo”, costituita dal basso verso l’alto nel seguente modo:

un fondo passivo di argilla e isolamento plastico (geomembrana);
uno strato di sabbia per l’assorbimento, recupero e successivo trattamento del percolato;
lo strato di rifiuti;
un successivo strato superiore di terra per la copertura e la crescita di piante;
dei camini di esalazione e recupero per il gas (nel caso di discariche RSU).
Anche in una discarica moderna, si riesce a recuperare solo il 40% circa del metano, mentre il resto viene disperso.[4] È pertanto importante che la frazione umida dei rifiuti venga raccolta in modo differenziato o che comunque i rifiuti subiscano compostaggio e/o trattamento meccanico-biologico (vedi gestione dei rifiuti) prima del conferimento in discarica (questi processi permettono di recuperare il 100% del metano dato che avvengono in reattori chiusi).

A titolo di esempio, da una discarica di circa 1.000.000 di metri cubi che cresce di 60.000 mc ogni anno, si possono estrarre quasi 5,5 milioni di metri cubi di biogas all’anno (oltre 600 mc ogni ora)[5].

Gestione di una discarica di rifiuti
Se la discarica è progettata e costruita correttamente, i rifiuti devono comunque rimanere sorvegliati per almeno 30 anni dopo la sua chiusura. Nel frattempo l’area è utilizzabile per altri scopi (in genere il terreno superficiale può essere usato per la crescita di piante).
Se la progettazione di una discarica è importante, non meno lo è la sua gestione. Infatti ogni discarica viene progettata per accogliere determinati rifiuti (inerti, non pericolosi o pericolosi) e quindi, salvo modifiche successive, deve accogliere solo quel tipo di rifiuti. Ogni discarica è progettata per accogliere un determinato volume di rifiuti e quindi ha una vita limitata, che può essere sí prolungata, ma non protratta indefinitamente. Anche le procedure di trattamento e di messa a dimora dei rifiuti devono essere eseguite in modo da non compromettere la sicurezza per chi vi opera e da non favorire fenomeni di inquinamento.
L’inquinamento ambientale legato a una discarica ben controllata e gestita può essere sensibilmente ridotto (anche per quanto rigiarda i gas serra), oltre che attuando l’opportuna preselezione del materiale da conferirvi, sfruttando l’utilizzo della frazione compostabile per la produzione di biogas e ammendante agricolo. Vi sono comunque inconvenienti come la deturpazione del paesaggio e la necessità di sorvegliare l’area per un certo periodo di tempo dopo la cessazione dell’attività, oltre all’occupazione del terreno, che diviene inutilizzabile per altri scopi dopo la dismissione della discarica, che pure può essere trasformata in un’area verde.

I rifiuti solidi e la società
Purtroppo, specialmente in Italia, esistono numerose discariche abusive (inquinanti e pericolose), non controllate, spesso connesse con attività mafiose come la camorra per il lucroso traffico illegale dei rifiuti (ecomafie).
Dal punto di vista energetico i rifiuti solidi sono molto più efficientemente trasformati se li si recupera e ricicla con tecniche moderne. Altra possibilità è l’incenerimento che comunque necessita di discariche per i residui (le ceneri, rifiuti pericolosi e pari a circa 10% in volume e 30% in peso del rifiuto introdotto) non riutilizzati e per il materiale non combustibile non recuperato (cosiddetto inerte). Dal punto di vista ambientale entrambe le tecniche di smaltimento (discarica e termovalorizzazione) possono essere considerate un male minore, da limitare in favore delle tecniche di recupero e riciclaggio. Tuttavia, anche una società educata alla minore produzione di rifiuti, al loro massimo riutilizzo e riciclaggio, non potrà mai fare a meno di un certo numero di discariche.
In Italia l’onere della gestione e del trattamento dei rifiuti è caricato sui bilanci dei comuni, che finanziano questo servizio con un’apposita tassa per la spazzatura (la Tarsu). In genere essa è proporzionale ai metri quadri dell’abitazione e al numero delle persone che vi risiedono, ma sarebbe più corretto valutare l’effettiva produzione di rifiuti differenziati/indifferenziati come avviene in alcuni comuni più virtuosi, dove la tassa è sostituita dalla Tariffa di igiene ambientale (Tia), a norma di legge.
La spesa principale consiste nel costo di trasporto (operatori e camion) dalle utenze fino alla discarica, che di solito è sita in territorio demaniale, di proprietà dello stesso comune. Se la spazzatura è depositata nel terreno di un privato o di un altro comune, i rifiuti vengono pesati e viene pagato un corrispettivo proporzionale al volume e/o peso introdotto in discarica. Il costo è quindi proporzionale alla produzione di rifiuti.
La permanenza dei rifiuti per lunghi periodi di tempo in discarica (su terreno demaniale) comporta pochi oneri economici di gestione, se non ci si preoccupa dell’impatto ambientale. La saturazione delle discariche, con la conseguenza di non potervi più conferire rifiuti, è una questione molto attuale che tra l’altro rappresenta una delle principali cause del cosiddetto “turismo dei rifiuti”, che comporta spesso lunghi viaggi in attesa dello smaltimento finale: emblematico e paradossale è ad esempio il caso della Campania che, in virtù di una cosiddetta «emergenza rifiuti», in corso ormai da molti anni, ha esportato centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti in altre regioni italiane e persino all’estero, proprio mentre, recentemente, veniva ribadita l’importanza dell’autonomia delle singole province nella gestione dei rifiuti[6].

Costi e (dis)incentivazione
Le discariche, se non progettate, realizzate e gestite nel migliore dei modi, sono il peggior sistema possibile per lo «smaltimento» dei rifiuti, anche perché il loro costo pressoché nullo le rende enormemente convenienti finanziariamente e molto più facili di qualunque altra soluzione di gestione dei rifiuti. Le discariche moderne hanno dei costi superiori, che però da soli non bastano a renderle meno convenienti economicamente di altre soluzioni, mentre è necessario che i costi delle soluzioni di smaltimento di rifiuti siano inversamente proporzionali alla loro priorità nel sistema integrato.
In Italia, specialmente dopo che la finanziaria 2007 ha abolito parzialmente i contributi ai nuovi inceneritori (si veda la voce inceneritore) si è temuto che il ricorso alla discarica torni ad aumentare; più in generale, il conferimento in discarica del rifiuto indifferenziato è da scoraggiare fortemente per incentivare il riciclo, e a questo scopo – fermo restando che il primo obiettivo è eliminare le discariche abusive e quelle non a norma – è utile imporre una «ecotassa» apposita sul conferimento in discarica; queste tasse (imposte al gestore e non direttamente ai cittadini) in Italia variano da 1 a 25 €/t a seconda della regione, mentre in Europa vanno dai quasi 90 €/t massimi in Austria (a seconda del tipo di rifiuto e del tipo di discarica) all’assenza di tasse in Germania.
Fonte: Wikipedia
Scarica il manuale per la Raccolta Differenziata

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