ATO Ragusa lo spreco e l’immondizia
Secondo il segretario del Pd Gigi Bellassai, l’Ato Ambiente in questo ultimo anno non ha svolto alcuna seria azione di concertazione per la gestione della raccolta dei rifiuti a sostegno degli enti locali non riuscendo ad avviare l’appalto unico per la gestione raccolta e lo smaltimento dei rifiuti in provincia di Ragusa.
Ha inoltre rischiato di mettere in crisi il sistema con una forsennata gestione delle discariche. Presidente e Cda sono riusciti persino a farsi pignorare, sempre nelle dichiarazioni di Bellassai, i conti correnti a causa delle azioni risarcitorie a loro carico gestite in modo dilettantesco, paralizzando in molti casi il sistema dei pagamenti alle imprese ecologiche. Ma in questi ultimi mesi – ha spiegato Bellassai – abbiamo assistito a qualcosa di paradossale e scandaloso, che ci fa dire di aver subito oltre il danno anche la beffa, i vertici dell’Ato stanno bruciando circa 800mila euro di risorse pubbliche per un piano di comunicazione che è a dir poco allucinante e che non ha eguali per spreco e inutilità in Europa.
Spiega Bellassai che finanziamenti a pioggia sono stati erogati ad ogni tipo di iniziativa legata allo spettacolo per enti locali, associazioni e persino attività private, due mega eventi “ambiente sfila sotto le stelle” a Ragusa: una sfilata di moda che certo non può incentivare la raccolta differenziata e la cosiddetta “Giornata verde” di Comiso con il cast di Amici ai quali è stato necessario spiegare cosa avessero a che fare loro con la spazzatura.
Conclude gigi Bellassai, la cosa più grave è il materiale informativo indecifrabile che spiega che cosa è l’ATO (cosa assolutamente inutile), ma soprattutto non spiega che cosa è e come si fa la raccolta differenziata, come e quando si conferisce, quali sono i materiali che si possono riciclare, quali incentivi si possono ottenere e perchè conviene fare la raccolta differenziata di secco e umido.
Un piano dunque che oltre alle magliette, alle sfilate e agli spettacoli non ha alcuna aderenza con le attività ecologiche svolte dai comuni, che è slegato dall’obbiettivo primario di potenziare la raccolta differenziata e di creare nei cittadini una atteggiamento positivo di partecipazione consapevole in un’ottica di responsabilità condivisa.
Scriveremo una nota all’Agenzia regionale per i rifiuti e le acque – ha concluso Gigi Bellassai -a cui compete di approvare il rendiconto delle risorse già spese che ammontano a circa 1/3 del totale finanziato, per tentare di cambiare rotta, se si è ancora in tempo, allo scopo di ottimizzare quel che rimane di queste preziose e uniche risorse economiche pubbliche finalizzate a ridurre la produzione di rifiuti, ad aumentare la differenziata e allungare la vita delle discariche per una gestione ecologicamente sostenibile del problema rifiuti.
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Processo Colacem-Profetto, tutti assolti. I vincoli non c’erano e se c’erano dormivano!
Non c’erano i vincoli e quelli esistenti erano decaduti.
E’la motivazione contenuta nelle 51 pagine depositate dal Gup del Tribunale di Modica, Fabio Ciraolo, e che ha portato il magistrato all. assoluzione con formula piena .perché il fatto non sussiste., degli 8 imputati. nel processo-troncone di una maxi inchiesta su presunte concessioni illegittime.
Se macchia mediterranea c.è spiega nelle attese motivazioni il Gup,la questione diventa di natura amministrativa e non penale.
Come si diceva, il deposito delle motivazioni del magistrato, era atteso perché da esse possono determinarsi le sentenze di un processo parallelo in fase di definizione davanti al Collegio Penale. Il Gup ipotizza anche un. assunzione degli atti dell.inchiesta da parte della Procura della Repubblica, qualora la magistratura inquirente ritenesse ci possa essere reato da parte di chi avrebbe dovuto fare eseguire la perimetrazione e sottoporre a vincolo l.area inquisita.
Il processo, nella fattispecie, riguardava l’allargamento abusivo delle cave di pietra “Colacem” e “Profetto“.
Il pubblico ministero, Domenico Platania, aveva addirittura chiesto di condanna per complessivi 14 anni e 2 mesi di reclusione, e, nello specifico, 2 anni e 6 mesi di reclusione per Giuseppe Angelo Trupìa, ingegnere capo del Distretto Minerario di Catania; 2 anni e 20 mila euro di ammenda per Vincenzo Profetto, titolare dell’omonima impresa; un anno e 8 mesi per Francesco Paolino, dirigente del settore Urbanistica del Comune di Modica; un anno di reclusione per Alessandro Modica, responsabile del procedimento della stessa sezione comunale; 2 anni per Vincenzo Sansone, dirigente del Servizio di Valutazione d’Impatto Ambientale dell’Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente; un anno per Mario Bernardello, procuratore legale della “Colacem”, 2 anni di reclusione ciascuno per Carlo e Giovanni Colaiacovo, amministratori delegati “Colacem”. L. accusa per tutti era di abuso d’ufficio, falso e deturpamento del territorio.
Gli imputati erano difesi dagli avvocati Francesco Bertorotta, Enrico Sanseverino, Enzo Zappulla, Nino Frasca Caccia, Franco D.Urso, Giuseppe Rizza, Giorgio Assenza, e Luigi Piccione. L. avvocato Giorgio Terranova rappresentata il Comune di Pozzallo che si era costituito in giudizio.
La Cava Colacem, si trova in Contrada Giarrusso Liccio, mentre Cava Profetto è in Contrada Zimmardo Bellamagna (quest.ultima già operativa dal lontano 1984 con regolari autorizzazioni). Secondo l.accusa, sarebbero state allargate, senza i necessari nulla osta e solo in base alle concessioni rilasciate dall’ufficio tecnico comunale in maniera illegittima, giacché le aree interessate sarebbero condizionate da vincoli ambientali e paesaggistici. Sarebbero mancati, secondo l’accusa, i controlli da parte del Dipartimento Minerario.
Fonte: RTM
Si allarga a macchia d’olio il numero degli indagati nell’inchiesta su riciclaggio di denaro
Modica: sono aumentate in maniera copiosa gli indagati nell’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza di Ragusa sotto la direzione della Procura della Repubblica di Modica che riguarda una presunta associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio di danaro. Il reato, contestato dal Procuratore della Repubblica, Domenico Platania, sulla base di indagini condotte dagli uomini delle Fiamme Gialle, riguarda solo uno degli aspetti dell’inchiesta scaturita dalla denuncia di un imprenditore ma che, successivamente, si è allargata su altri campi dell’inchiesta di cui ancora non si conoscono gli sviluppi e che nelle ultime settimane ha incentivato il numero delle persone soggette ad essere poste sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti che in un primo momento erano meno di una decina fino a diventare tredici. Dallo scorso mese di gennaio, quando fu chiesta la proroga delle indagini, il numero degli indagati è notevolmente lievitato.
Adesso il fascicolo riporta un numero di indagati che spazia tra i trenta ed i quaranta soggetti. In buona sostanza, secondo quanto sostengono alcuni avvocati interessati alla difesa, parecchie persone convocate quali testimoni si sono, conseguentemente, trasformate in indagati proprio a seguito delle testimonianze rese alle fiamme gialle che lavorato a ritmi serrati dopo avere chiesto, come si diceva, una proroga delle indagini, già tra l’altro in scadenza. Proprio in virtù di questo non è improbabile che la magistratura inquirente proceda ad uno stralcio dell’indagine chiedono provvedimenti per alcuni, in buona sostanza, coloro che sarebbero coinvolti dalla prima fase, ed il proseguimento per altri ovvero i nuovi inquisiti.
Tra gli indagati ci sono politici ed ex politici locali e provinciali, funzionari comunali, imprenditori, giornalisti e cittadini comuni. Secondo l’accusa originaria, grazie ad ingenti somme di denaro pagate da imprenditori, sarebbero stati pilotati i meccanismi di assegnazione degli appalti e inoltre, in cambio della rinuncia a una parte dei crediti vantati verso il Comune (in stato in odore di dissesto finanziario), alcuni avrebbero ottenuto una corsia preferenziale nel percepire le spettanze. Le indagini, avviate nel mese di giugno del 2007 e già oggetto di proroga, avrebbero trovato conferma dei movimenti di danaro sui conti degli indagati o su conti off shore a loro riconducibili.
Fonte: RTM
Bollino nero per il mare ibleo, liquami fognari maleodoranti
Ragusa – La situazione è migliorata tra Sampieri e Marina di Modica
Numerosi i bagnanti che protestano lungo tutto il litorale
Decisamente bollino nero per le acque del Mediterraneo che bagnano il litorale ibleo. Durante questo primo fine settimana di Agosto, abbiamo speso un po’ di tempo ad ascoltare le opinioni di alcuni tra le migliaia di bagnanti che hanno gremito le spiagge, tra Marina di Ragusa e Punta Secca.
Ma non solo, abbiamo raccolto anche le opinioni di alcuni tra i tanti incalliti diportisti che solcano il mare in lungo ed in largo, fino a dodici miglia dalla costa. Purtroppo il dato è oggettivo: l’acqua è troppo sporca! In barba a tutte le golette “salva mareâ€, la gente ha decretato che quest’anno l’acqua del mare ha perso la sua “trasparenzaâ€. Nel tratto di mare tra Sampieri e Marina di Modica la situazione è migliorata, anche se non posono essere escluse a priori perdite di liquami fognari dal tubo subacqueo del depuratore.
Non sfuggono a nessuno le chilometriche scie a volte oleose, più spesso intrise di liquami di scarico fognario, che tra l’altro, emanano anche cattivo odore. Si avverte infatti uno strano ed acre odore di cloro, tipico di ogni buon depuratore che si rispetti, o di qualunque lavaggio degli scarichi di nave. Ma i bagnanti non hanno via di scampo. Le scie si approssimano lentamente e pesantemente verso le battigie, depositandosi nella sabbia dove, sempre più spesso, i piedi si ritrovano “ incatramatiâ€. Le acque sono orribilmente torbide e maleodoranti. Ma non dipende certo dalle alghe, che a causa della sporcizia, diventano sempre più rare da trovare.
Particolarmente quest’anno, le mareggiate sono state di meno rispetto agli altri anni, quindi la stagnazione di liquami d’ogni tipo, è maggiore.
Un signore ha anche raccontato che ormai è diventata una autentica gincana con la barca tra le scie oleose, alla ricerca di un “ pezzo di mare†pulito dove potere fare qualche tuffo.
Verrebbe da dire che con quello che oggi costa il petrolio, si potrebbe raccogliere il quantitativo eccessivo che si trova a portata di mano nel mare. Ma c‘è poco da ironizzare.
Il problema è sicuramente evidente e di più vasta portata. Troppe navi solcano ormai il mare, riversando impunemente in acqua di tutto e di più. Un altro motivo, potrebbe essere addebitato all’insufficienza dei depuratori che, essendo stati realizzati diversi anni fa, non riescono più a funzionare a regime a causa dell’aumento delle abitazioni estive in questi ultimi 20 anni. Congetture certo, ma forse vicino alla realtà . Resta il dato oggettivo: il mare è sporco.
Fonte: Corriere di Ragusa
Cava d’Aliga(Scicli). Denunciato, scaricava la fogna nelle condutture del Consorzio
Aveva pensato bene di scaricare i reflui fognari e le acque provenienti dagli scarichi della lavatrice dentro un pozzetto della condotta idrica del consorzio di bonifica. Un cinquantenne non sciclitano, ma residente da parecchi anni in pieno centro storico, a Cava d’Aliga, è stato denunciato dal comando della polizia municipale, diretto da Franco Nifosì, per la trasgressione alle leggi del testo unico sull’ambiente, che ha disciplinato la materia oggetto di attenzione in precedenze del decreto Ronchi. L’abitazione dell’uomo conferiva gli scarichi dentro le condutture del Consorzio in maniera abusiva e nell’inconsapevolezza dell’ente consortile. L’uomo dovrà rispondere ora del reato dinanzi all’autorità giudiziaria. L’uomo abita nella parte alta della borgata rivierasca di Scicli. Sono stati i vigili urbani a condurre le indagini e a scoprire l’abuso.
Fonte:RTM
I nuovi Erode
Gli inceneritori producono nanoparticelle. Le nanoparticelle entrano nell’organismo e producono tumori. La raccolta differenziata produce invece ricchezza e non avvelena l’ambiente. I bambini sono i più esposti alle malattie. Perchè in Italia si continuano a progettare, costruire, spacciare inceneritori invece di promuovere la raccolta differenziata? Chi ci guadagna? Chi sono gli spacciatori di morte? Chi sono i nuovi Erode?
“Gentile Beppe Grillo,
vorremmo invitare Lei e tutti i suoi lettori ad un attimo di riflessione su questa frase: “la deliberata spietatezza con la quale la popolazione operaia è stata usata per aumentare la produzione di beni di consumo e dei profitti che ne derivano si è ora estesa su tutta la popolazione del pianeta, coinvolgendone la componente più fragile che sono i bambini, sia con l’esposizione diretta alla pletora di cancerogeni, mutageni e sostanze tossiche presenti nell’acqua, aria, suolo, cibo, sia con le conseguenze della sistematica e accanita distruzione del nostro habitatâ€.
Queste parole, che concludono un articolo sui rischi attribuibili ad agenti chimici scritto dal professor Lorenzo Tomatis nel 1987, ci sono tornate alla mente come una lucida profezia davanti agli ultimi, recentissimi dati sull’incidenza di cancro nell’infanzia in Italia pubblicati dall’Associazione Italiana dei Registri Tumori (AIRTUM: I tumori infantili Rapporto 2008).
Se già i dati pubblicati da Lancet nel 2004, che mostravano un incremento dell’ 1.1% dei tumori infantili negli ultimi 30 anni in Europa, apparivano preoccupanti, quelli che riguardano il nostro paese, riferiti agli anni 1998-2002 ci lasciano sgomenti. I tassi di incidenza per tutti i tumori nel loro complesso sono mediamente aumentati del 2% all’anno, passando da 146.9 nuovi casi all’anno (ogni milione di bambini) nel periodo 1988-92 a ben 176 nuovi malati nel periodo 1998-2002. Ciò significa che in media, nell’ultimo quinquennio, in ogni milione di bambini in Italia ci sono stati 30 nuovi casi in più. La crescita è statisticamente significativa per tutti i gruppi di età e per entrambi i sessi. In particolare tra i bambini sotto l’anno di età l’incremento è addirittura del 3.2% annuo.
Tali tassi di incidenza in Italia sono nettamente più elevati di quelli riscontrati in Germania (141 casi 1987-2004), Francia (138 casi 1990-98), Svizzera (141 casi 1995-2004). Il cambiamento percentuale annuo risulta più alto nel nostro paese che in Europa sia per tutti i tumori (+2% vs 1.1%), che per la maggior parte delle principali tipologie di tumore; addirittura per i linfomi l’incremento è del 4.6% annuo vs un incremento in Europa dello 0.9%, per le leucemie dell’ 1.6% vs un + 0.6% e così via.
Tutto questo mentre si vanno accumulando ricerche che mostrano con sempre maggiore evidenza come sia cruciale il momento dello sviluppo fetale non solo per il rischio di cancro, ma per condizionare quello che sarà lo stato di salute complessivo nella vita adulta.
Come interpretare questi dati e che insegnamento trarne?
Personalmente non ne siamo affatto stupiti e ci saremmo meravigliati del contrario: i tumori nell’ infanzia e gli incidenti sul lavoro, di cui ogni giorno le cronache ci parlano, unitamente alle malattie professionali, ampiamente sottostimate in Italia, sono due facce di una stessa medaglia, ovvero le logiche, inevitabili conseguenze di uno “sviluppo†industriale per gran parte dissennato, radicatosi in un sistema di corruzione e malaffare generalizzato che affligge ormai cronicamente il nostro paese.
Potremmo, sintetizzando, affermare che lo stato di salute di una popolazione è inversamente proporzionale al livello di corruzione e quanto più questo è elevato tanto più le conseguenze si riversano sulle sue componenti più fragili, in primis l’infanzia, come Tomatis già oltre 20 anni fa anticipava.
Le sostanze tossiche e nocive non sono meno pericolose una volta uscite dalle fabbriche o dai luoghi di produzione e la ricerca esasperata del profitto e dello sviluppo industriale – a scapito della qualità di vita -, non può che avere queste tragiche conseguenze.”
Dott. Michelangiolo Bolognini Igenista – Pistoia
Dott,ssa Maria Concetta Di Giacomo Medico di Medicina Generale – Padova
Dott. Gianluca Garetti Medico di Medicina Generale – Firenze
Dott. Valerio Gennaro Oncologo-Epidemiologo – Genova
Dott.ssa Patrizia Gentilini Oncologo – Ematologo – Forlì
Dott. Giovanni Ghirga Pediatra – Civitavecchia
Dott. Stefano Gotti Chirurgo – Forlì
Dott. Manrico Guerra Medico di Medicina Generale – Parma
Dott. Ferdinando Laghi Ematologo – Castrovillari
Dott. Antonio Martella Oncologo – Tossicologo Napoli
Dott. Vincenzo Migaleddu Radiologo – Sassari
Dott. Giuseppe Miserotti Medico Medicina Generale – Piacenza
Dott. Ruggero Ridolfi Oncologo-Endocrinologo – Forlì
Dott. Giuseppe Timoncini Pediatra – Forlì
Dott. Roberto Topino Medico del Lavoro – Torino
Dott. Giovanni Vantaggi Medico di Medicina Generale -Gubbio
Dal blog di Beppe Grillo
Chiazze di colore scuro a costa di carro
Una chiazza di colore scuro nel tratto di mare antistante Cava d’Aliga ha inibito i bagnanti dall’immergersi in mare nella giornata di giovedì. Scattato l’allarme, il Comune e la Capitaneria di Porto di Pozzallo hanno chiesto all’Ausl, e segnatamente al Laboratorio di Sanità pubblica, di prelevare alcuni campioni di acqua marina, per verificare se vi fossero residui fecali, e se la presenza di questa macchia marrone fosse da addebitare al malfunzionamento del depuratore.
Le analisi, i cui risultati sono stati resi noti oggi, hanno accertato che non c’è inquinamento da coliformi fecali nel mare di Cava D’Aliga, nel tratto che va fino a Costa di Carro. Il Comune intanto, già giovedì pomeriggio ha emanato il divieto di balneazione, mentre i prelievi sono stati operati a circa cinquanta metri dalla costa. Non ci sono tracce né di coliformi fecali né di streptococchi.
“I dati microbiologici non evidenziano inquinamento di natura fecale –dice una nota del direttore del LSP di Ragusa, Salvatore Carfì Pavia– si tratta di sporcizia di provenienza incerta o da fiumi o di acque nere, o di sentine di natanti, acque di lavaggio di ponti di grosse navi che transitano. Tali sostanze non presentano, comunque rischi di salute pubblicaâ€. Non è da escludere che la causa dell’episodio sia da ricondurre a una nave in transito nel Canale di Sicilia, che ha sostato per alcune ore al fine di lavare le stive per poi riprendere il viaggio.
Denuncia di Greenpeace per pesca illegale tonni
Greenpeace denuncia aerei di ricognizione che operano tra Gela e Marina di Modica per scoprire i banchi di tonno e segnalarli ai pescherecci che farebbero capo ad associazioni e consorzi di Salerno e Cetara. Una situazione allarmante che qualche settimana fa era stata oggetto di attenzione da parte della Capitaneria di Porto di Pozzallo e delle forze dell’ordine proprio relativamente ai voli che venivano effettuati per tali scopi con gli aerei che atterravano e ripartivano proprio dall’area prospiciente la frazione balneare di Modica. Ben 13 pescherecci sono stati multati dalla Guardia di Finanza per 672.000 euro per pesca pirata di tonno rosso.
Greenpeace, che è in prima linea in questa lotta contro le cosiddette gabbie di ingrasso di tonno rosso e nella pesca illegale, ha segnalato gli aerei di ricognizione che, per l’appunto, partendo da Gela e Marina di Modica, venivano utilizzati per scoprire i banchi di tonno, in violazione delle norme comunitarie e dell’Iccat (Commissione Internazionale Conservazione Tonno Atlantico). In un apposita relazione, Greenpeace mostra le foto di aerei che sorvolano i pescherecci Maria Antonietta, Ligny Primo e Luca Maria e copia dei documenti di volo che attestavano come almeno tre aerei avevano volato nel periodo vietato per conto dell’Associazione Produttori Tonnieri del Tirreno.
Anche quest’anno, come si diceva, Greenpeace ha denunciato alcuni di questi aerei in azione.
Accesso al mare, obbligo di legge ma nel Belpaese resta una chimera
Legambiente, Pd e Verdi denunciano: si moltiplicano cancelli e sbarramenti
In barba al pronunciamento della Cassazione, contraria all’accesso ai soli paganti
CANCELLI, sbarramenti, paletti, recinzioni. Esistono molte maniere per impedire l’accesso al mare. In comune hanno un unico elemento: sono illegali. Lo ha stabilito il 16 febbraio 2001 la terza sezione penale della Corte di Cassazione: “Nessuna proprietà privata e per nessun motivo può impedire l’accesso al mare alla collettività se la proprietà stessa è l’unica via per raggiungere una determinata spiaggia”.
Dunque negare l’accesso al mare è un atto illegale. Ma frequente. Lo ha denunciato il ministro ombra dell’Ambiente Ermete Realacci con un’interrogazione parlamentare in cui si cita una serie di abusi. In provincia di Siracusa, nel lungo tratto di costa tra il faro Massoliveri e l’Arenella, nella zona del Plemmirio, i cancelli che impediscono l’accesso al mare sono aumentati del 50 per cento in un anno. Due di questi cancelli sono stati eliminati il 14 luglio grazie a un intervento della Procura.
Stesso discorso, fa notare Realacci, per gli stabilimenti balneari. Nonostante la Finanziaria del 2007 abbia stabilito che “è fatto obbligo ai titolari di concessioni di consentire il libero e gratuito accesso e transito per il raggiungimento della battigia antistante l’area compresa nella concessione, anche al fine della balneazione”, in molte regioni la spiaggia pubblica è diventata ormai un lontano ricordo: tra ombrelloni, lettini, chioschi e spogliatoi, i gestori dei lidi stanno privatizzando il mare.
Sono oltre 5 mila, gli stabilimenti balneari disseminati lungo il perimetro dello stivale dal Friuli Venezia Giulia alla Liguria, isole comprese. Dati che vengono confermati dal dossier sulle spiagge in concessione del litorale romano presentato pochi giorni fa da Legambiente: solo 10 stabilimenti su 53 lasciano libero accesso al litorale. Se proviamo a estendere questo dato ai 7.375 chilometri di litorale di cui dispone il nostro paese, scopriamo che esiste una tassa occulta sul mare, una tassa tollerata nonostante le indicazioni precise che vengono dalla magistratura.
Secondo il Manuale di autodifesa dei bagnanti, pubblicato dai Verdi, la rinuncia al diritto collettivo avviene a tutto vantaggi di pochi: il gestore di 10 mila metri quadrati di arenile paga in media 850 euro al mese. Nel 2005, a fronte di un fatturato di quasi 2 miliardi di euro, i gestori delle spiagge hanno pagato allo Stato poco più di 40 milioni di euro. I gestori sostengono che queste cifre sono adeguate perché organizzare uno stabilimento balneare comporta un lavoro lungo e faticoso. Resta il fatto che si tratta di un piccolo tributo versato allo Stato per un’occupazione di spazio significativa.
Ecco alcuni dei numeri contenuti nel rapporto della Legambiente. In Liguria su 135 chilometri di spiagge solo 19 sono liberi. In Emilia Romagna 80 chilometri su 104 sono occupati da bagni privati. Nel Lazio, in Abruzzo, in Calabria, in Basilicata, in Toscana metà della spiaggia è occupata da lettini e ombrelloni. Invece in Campania ci sono 130 chilometri di spiagge con libero accesso a fronte di 80 chilometri di spiagge con stabilimenti e in Puglia le spiagge libere arrivano al 75 per cento. In Sicilia e Sardegna le spiagge senza dazi sono quasi ovunque la norma (con qualche eccezione come Mondello dove si fatica a trovare qualche centimetro libero di sabbia).
Fonte: La Repubblica
Rimozione manifesti abusivi, uno “scherzo” da 15mila euro
Modica – Furono imbrattati anche i cartelli stradali
Saranno i contribuenti a pagare per la “visibilità ” dei candidati
Rimuovere i manifesti dagli spazi occupati in modo abusivo, ripristinare la segnaletica stradale è costato quindici mila euro. E’ la nota spese che la Multiservizi, società che si è occupata del ripristino dei siti e della segnaletica, ha iscritto nel proprio bilancio e che l’amministrazione dovrà saldare.
L’amministratore della società ha risposto in modo dettagliato a Nino Cerruto, consigliere di Nuova Prospettiva , che aveva sollevato la questione in sede di campagna elettorale per le regionali tenutesi nel mese di aprile. Il costo di 15 mila euro non comprende tra l’altro la notifica dei verbali ai soggetti ritenuti responsabili. Cerruto vuole ora sapere se il sindaco ha avviato il procedimento per rivalersi delle spese da parte dell’ente nei confronti di quanti hanno imbrattato i muri e soprattutto di quanti hanno coperto con slogan e foto i segnali stradali di buona parte della provincia.
Questo è stato infatti il costo più rilevante di tutta l’operazione ripulitura. Il consigliere di “Una Nuova Prospettiva†vuole conoscere le ragioni per le quali l’amministrazione a suo tempo non ha inteso presentare denuncia alla autorità giudiziaria per i danni arrecati.
Fonte: Corriere di Ragusa
Goletta Verde in provincia di Ragusa
Pesante bilancio di piccole e grandi speculazioni immobiliari anche nel ragusano. Le 617 infrazioni registrate dalle forze dell’ordine, le 574 persone denunciate o arrestate e i 256 sequestri in tutta la Sicilia, terza nella classifica delle regioni, non risparmiano la provincia di Ragusa.
A confermarlo è il rapporto annuale di Legambiente, Mare Monstrum 2008, realizzato in collaborazione con le forze dell’ordine che denuncia gravi abusi edilizi in provincia di Ragusa, dove si conferma la preoccupante consuetudine, che in Sicilia purtroppo sta ottenendo un ampio consenso, per cui il territorio, perrendere profitto, anziché essere valorizzato debba essere abusato e distrutto.
Secondo quanto emerge dal rapporto Mare Monstrum 2008, a Scicli, nell’ area del ragusano, dopo il sequestro di 27 abitazioni abusive, costruite quindi in totale assenza di vincoli edificatori, si è aperto il processo penale e si attende il pronunciamento della magistratura sul futuro delle villette.Non meno preoccupante la situazione vissuta a Ispica, dove erano stati autorizzati lavori di manutenzione straordinaria di un rudere, ma in realtà si voleva costruire il classico appartamento vista mare. I lavori sono stati bloccati il 17 giugno 2004 e l’autore dell’abuso in piena regola è Raffaele Lombardo, neo governatore della Sicilia. Il futuro della vicenda è attualmente affidato alla Procura della Repubblica di Modica e come Legambiente ci auspichiamo che il primo cittadino siciliano dia segnale di legalità demolendo l’opera realizzata abusivamente.
Divorata anche la fascia costiera che va dalla provincia di Ragusa a Caltanissetta, divenuta ormai terra di serre abusive Gli ultimi lembi di sistema dunale sono stati trasformati in dune di plastica, che non solo rappresentano un inammissibile attacco alla natura, ma anche un pesante sperpero economico.
Scandalo immondizia a Modica: scattano due arresti
Operazione della Guardia di Finanza dalle prime luci dell’alba a Modica. Una delle numerose inchieste svolte delle Fiamme Gialle, coordinata dalla Procura della Repubblica di Modica, ha determinato la firma di alcuni provvedimenti restrittivi da parte del Gip. Le notizie sono, in atto, sommarie, anche perchè alla Procura si dichiarano con le “bocche cucite”. L’inchiesta riguarderebbe la gestione del servizio per la raccolta dei rifiuti in città . In manette sono finiti Giuseppe Busso, l’imprenditore di 41 anni, titolare dell’omonima ditta che gestisce l’appalto a Modica, e Anita Portelli, funzionario comunale, alla quale sono stati concessi i domiciliari. Complessivamente sono sei gli indagati ma solo due colpiti dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Non risultano coinvolti politici. Nelle scorse ore sono state eseguite numerose perquisizioni domiciliari.
La documentazione piuttosto confusa del decimo settore d’igiene ambientale ha portato agli arresti della già dirigente Anita Portelli e del titolare della ditta che gestisce il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti in città Giuseppe Busso.
All´alba di oggi la Guardia di Finanza ha eseguito le due ordinanze di custodia cautealare in carcere, notificando altresì sei avvisi di garanzia. I documenti dapprima introvabili alla fine sono saltati fuori, ma con dati assolutamente assurdi in riferimento alla gestione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani in città . Almeno tre i filoni d´inchiesta delle fiamme gialle, tra cui quello relativo al secondo foglio del Mud 2004 (modello unico di dichiarazione ambientale) in cui è scritto nero su bianco il nome della ditta che avrebbe incamerato i 714mila euro spesi dal comune per la gestione della raccolta differenziata, ma dei quali non sono finora stati trovati né fatture, né altra documentazione. Dalla pagina 2 del Mud 2004 si evince che il comune abbia conferito alla ditta che gestiva il servizio oltre 100 milioni e 800mila euro. Altri 714 mila euro risulterebbero erogati ad una ditta di Modica per la raccolta e lo smaltimento di 150 tonnellate di materiale ferroso. La ditta aveva invece esibito fatture relative al 2004 e dalle quali si evinceva che il materiale ferroso effettivamente raccolto nel territorio comunale, poi consegnato ad un impianto autorizzato di Catania per lo smaltimento, era di 16 tonnellate e mezzo, per un costo di circa 820 euro già da tempo erogati dal comune. Una bella differenza rispetto ai 714mila euro che si evincono dal Mud e che risulterebbero comunque effettivamente spesi dall’ente. Dal decimo settore, dove le fiamme gialle hanno sequestrato documentazione varia e persino i cellulari dei dipendenti e dei dirigenti, non hanno mai reso note le previsioni di spesa per il costo complessivo del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti per l’anno 2005 e per quello in corso.
Fonte: Rtm e Corriere di Ragusa
Un plauso alla Capitaneria. Evitate 100 mila tonnelate di greggio sulle nostre coste…
Erano le molteplici tonnellate di idrocarburi (oltre 100 mila) a determinare la principale causa del rischio di affondamento della piattaforma galleggiante “Vega Oil”, la struttura annessa all’impianto fisso “Vega Alfa” per l’estrazione in mare del greggio.
Emergono questi nuovi fatti dalla perizia del consulente Carlo Bertorello di Napoli, il quale, come già detto, aveva confermato che la piattaforma galleggiante mobile non rischia più la sommersione, purchè si provveda allo svuotamento delle 60 mila tonnellate di greggio e delle 40 mila di gasolio. Un dato confermato dal Ctu è che “le attuali condizioni strutturali del galleggiante “Vega oil” – si legge nella perizia – non sono adeguate per l’operatività prevista dalla notazione di servizio. Le attuali condizioni di non operatività possono evolvere soltanto nel disormeggio e nel rimorchio dell’unità in porto o in acque tranquille dove, con le opportune modalità , potranno essere completati gli adeguamenti già previsti per le strutture”. Dunque, secondo il professore Bertorello – qualora il galleggiante voglia mantenere le stesse caratteristiche di servizio, occorre dotarla di un doppio scafo rispetto alla sistemazione del carico.
Un eventuale ritardo dello sversamento dalla “Vega oil” avrebbe potuto si sarebbe potuto verificare danni incalcolabili per le coste della Sicilia sud orientale e di quelle maltesi, che sarebbero state inquinate per anni. Dalla Capitaneria di Porto di Pozzallo arriva, intanto, la conferma dell’annunciato sganciamento e del conseguente traino della “Vega oil”, operazioni che avverranno il 27 giugno: Sono tre in atto gli iscritti nel registro degli indagati, sui quali pesa l’ipotesi di reato di disastro colposo. Si tratta dell’armatore della piattaforma, del rappresentate legale della compagnia petrolifera e del responsabile dell’attività di estrazione.
Fonte: RTM