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Impianto biometano a Zimmardo Bellamagna: osservazioni tecniche

Posted in Biogas Zimmardo,Documenti by admin on 29 Novembre 2019
La Sicilia 28.11.2019

1 – FINALITA’ DEGLI IMPIANTI

Gli impianti di produzione di metano da biomasse hanno lo scopo di produrre ed immettere in rete metano per autotrazione derivato dalla lavorazione di rifiuti organici quali sfalci e potature, liquami organici da allevamento di bovini e suini, pollina, rifiuti alimentari e persino reflui civili. Incontestabile dunque l’enorme potenziale positivo di questo genere di trattamenti per la valorizzazione di prodotti potenzialmente problematici in quanto inquinanti, di complesso e costoso smaltimento .

2 – PROBLEMA DELLA UBICAZIONE SUL TERRITORIO

Non si può tuttavia non considerare che trattasi di impianti di notevole impatto sul territorio in quanto il trattamento abbisogna dello stoccaggio e lavorazione di notevolissime quantità di materia da elaborare per “digestione batterica anaerobica” per più giorni (oltre 20) in contenitori assai estesi. Occorre ancora valutare che il prodotto finale abbisogna di una serie di passaggi di raffinazione, depurazione, concentrazione ed infine pompaggio in cui sono impegnate macchine anche molto rumorose e durante i quali vengono liberati in atmosfera sottoprodotti potenzialmente inquinanti oltre che “odorigeni” da disperdere tramite torri (desolforazione).

Nel nostro caso parliamo appunto di una estensione impegnata di ben 8 ettari (80.000 Mq.) con serbatoi esterni assai voluminosi e torri di dispersione di sicuro impatto anche visivo.

Per quanto detto appare del tutto inopportuna l’ubicazione in un’area agricola di notevole pregio paesaggistico, connotata anche da criticità specifiche e precisamente da aree limitrofe, quando non addirittura confinanti, interessate da vincoli archeologici ed idrogeologici.

2.1 – VINCOLO ARCHEOLOGICO – (Vedi allegato 1) Seppure l’area interessata dal progetto non è strettamente vincolata, si trova a confinare a nord con un’area in cui vige il vincolo (colore rosa) mentre analogo limite è posto su terreno immediatamente a sinistra a non più di 100 metri. Appare del tutto evidente che un impianto di tipo industriale incastonato fra due aree ricche di rinvenimenti preistorici snatura del tutto il senso del vincolo. A tal fine sorprende l’assenza della Soprintendenza di Ragusa nella fase di approvazione del progetto. È vero infatti che è stato chiesto preliminarmente alla Soprintendenza se nell’area di intervento ci fossero definiti o in corso di definizione vincoli di natura archeologica, ma la risposta negativa non poteva e non doveva essere intesa come una implicita autorizzazione a procedere dell’organo di tutela e questo in forza non di un opinabile parere ma per precisa disposizione della norma. Resta infatti l’applicabilità del titolo V della relazione generale sul vincolo paesaggistico che riguarda gli interventi di “Rilevante trasformazione del paesaggio” e che si applica anche agli interventi in aree non soggette a vincolo. Il comma d) dell’art. 40 include fra le suddette opere gli “impianti per la produzione, stoccaggio ed il trasporto in rete dell’energia, incluse quelle da fonti rinnovabili quali impianti geotermici, da biomasse, centrali eoliche ed impianti fotovoltaici”. Allo stesso modo devono essere considerati (lettera f) gli insediamenti produttivi (Impianti industriali, artigianali e commerciali).

Pertanto il mancato coinvolgimento della Soprintendenza di Ragusa nella “Conferenza di Servizi” che ha approvato in via definitiva il progetto, è una grave anomalia procedurale che inficia la regolarità della decisione.

2.2 VINCOLO IDROGEOLOGICO – (Vedi allegato 1) Questo si estende a valle dell’impianto a protezione del “lavinaro” (compluvio) per 150 metri dall’argine dello stesso che è di quaranta metri e che raccoglie le acque provenienti dai due versanti che lo definiscono. Il vincolo è talmente a ridosso dell’insediamento che si è dovuto ritagliare una parte del terreno di proprietà del titolare per non investirlo. Resta il fatto che l’insediamento in progetto si viene a trovare sul costone in pendio di uno dei versanti che definiscono il bacino idrico del lavinaro così da essere infallibilmente esposto al corso delle acque in occasione dei sempre più frequenti episodi di forti piogge. È appena il caso di notare che proprio in questo periodo, novembre 2019, la strada consortile Zimmardo/Bellamagna che conduce al sito, si trova interdetta al traffico ordinario e parzialmente transennata per i danni subìti in occasione delle piogge di fine ottobre scorso. Invero il progetto tratta la problematica dello smaltimento delle acque meteoriche ma si limita alla previsione ordinaria limitata alle piogge raccolte dal bacino dell’impianto, 8 ettari di terreno, di fatto impermeabilizzato, senza tenere in alcun conto il fatto che l’area di impianto sarà infallibilmente investita dalle acque meteoriche provenienti dal bacino idrico a monte. Quali potrebbero esser le conseguenze diremo appresso nella trattazione dello stoccaggio della materia prima di alimentazione.

2.3 – PROBLEMA APPROVVIGGIONAMENTO MATERIA PRIMA

Per capire di quali numeri si sta parlando si è fatto riferimento ad un impianto reale (Gruppo Hera – impianto di S. Agata Bolognese) ed ai suoi dati di consuntivo annuo: 135.000 tonnellate di materia base dai quali si ricavano 7.5 milioni di Mc. di metano e 20.000 tonnellate di compost.

Se ne deduce che per produrre 1 Mc di metano e 6,75  Kg di compost occorrono 18 Kg di materia prima.

Per la produzione stimata di 500 Mc di metano/ora occorrono dunque 9 tonnellate di materia prima ogni ora pari a 216 tonnellate al giorno.

Ipotizzando che i trasporti siano effettuati da automotrici lunghe 8 metri con una portata di 50 Qli, occorreranno dunque 43 automotrici al giorno che dovranno impegnare la consortile larga non più di 5 metri peraltro attualmente transennata. Ancora dovranno essere asportati 810 Qli/giorno di compost cioè ci saranno circa 16 automotrici al giorno in uscita. A queste ancora occorrerà aggiungere quelle necessarie per l’asporto del residuo da discarica perché bisogna dire pure che l’impianto produce anche una notevole quantità di scarti da discarica.

2.4 – PROBLEMA STOCCAGGIO MATERIA PRIMA – Ancora una ulteriore criticità nasce dal fatto che l’elaborazione della materia prima richiede un ciclo di oltre 22/23 giorni la qual cosa significa che lo stoccaggio consisterà in 216 tonnellate al giorno x 23 giorni ossia nell’impianto saranno presenti in ogni momento non meno di 5.000 (cinquemila) tonnellate di materiale organico, sfalci di potature, pollina, deiezioni da allevamenti intensivi (bovini, ovini, pollame etc.) residui organici di raccolta differenziata (umido) ed anche liquidi fognari, visto che questi impianti sono in grado di digerire ogni forma di “combustibile organico”. È appena il caso di considerare che questo aspetto diventa critico nel momento in cui abbiamo considerato che l’intera area potrebbe essere soggetta ad inondazioni di acqua/fango proveniente dal bacino di raccolta a monte con l’inevitabile contaminazione del “lavinaro” che accompagnerebbe detti “prodotti” verso le spiagge di Pozzallo, Maganuco e Marina di Modica.

3- PROBLEMA ALLACCIO A RETE ENI – Un ultimo aspetto da valutare, del tutto ignorato nella fase di progetto, riguarda il prescritto allaccio dell’impianto alla rete di distribuzione del gas, visto che la norma lo prevede espressamente. Questo comporta la contestuale realizzazione in quel pregevole sito naturalistico di un gasdotto, sicuramente verso la costa, che darà il colpo di grazia ad ogni speranza di sviluppo di turismo ambientale peraltro già ben avviato con la realizzazione da parte di privati di numerose attività di accoglienza anche di rilevante pregio qualitativo.

4 – VALUTAZIONI FINALI – Quanto esposto nasce da valutazioni sicuramente ottimistiche e conservative e ciò in considerazione del fatto che si è lavorato sotto la sola ipotesi di produzione di gas in uscita ma occorre ancora considerare che una parte importante dell’energia prodotta sarà impegnata nella produzione “ad uso interno” della energia elettrica necessaria alla alimentazione dell’impianto (cogenerazione) cosicché i dati sopra esposti sulle necessità di approvvigionamento sono da considerare ampiamente sottostimati. Non è ancora da trascurare un aspetto sul quale non si esprime un giudizio ma che va posto: Uno dei prodotti a maggior rendimento ai fini dell’alimentazione di questi impianti è il cosiddetto “umido” derivante dalla raccolta differenziata urbana per cui non di rado queste centrali diventano di fatto dei siti ottimali di smaltimento dalla frazione umida prodotta dalla raccolta comunale differenziata. Il problema è economico/politico e va tenuto in considerazione.

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