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Niscemi, il MOUS e le altre antenne USA

Posted in Articoli by admin on 3 Aprile 2013

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Gli americani avevano deciso di costruire la quarta stazione del sistema mondiale di comunicazione militare in una delle più antiche sugherete d’Europa. Ai primi controlli l’Arpas scoprì che lì c’era già un grande impianto di 46 antenne mai verificato prima. Una lunga battaglia: le pressioni statunitensi sui politici italiani, le minacce a Crocetta, le misurazioni dell’impatto ambientale ostacolate dagli americani. Fino allo stop deciso recentemente dalle Regione. Ma la partita non è chiusa.

NISCEMI – Niscemi non è un paese come gli altri. Se ci si allontana di qualche chilometro a sud dal centro, in direzione della  Sughereta, non ci si imbatte solo in alberi e arbusti. Tre gigantesche antenne paraboliche verniciate d’azzurro si stagliano in mezzo al verde: è il Muos, un sofisticato sistema di comunicazione satellitare, di proprietà della Marina militare americana. L’ultima delle quattro stazioni terrestri che permetteranno di coordinare tutte le comunicazioni dell’esercito americano in ogni angolo del pianeta. Insieme alle altre basi già completate in Virginia, Hawaii e Australia, servirà a collegare tutti gli utenti mobili, dai droni, ai sottomarini, alle truppe di terra. Solo, però, se i lavori saranno portati a termine. Il Muos di Niscemi è infatti bloccato dopo la revoca delle autorizzazioni disposta dal governatore siciliano Rosario Crocetta che proprio ieri ha confermato ufficialmente lo stop.

Visto dal satellite, il cantiere appare come una piccola macchia bianca in una distesa brulla. A occhio nudo, le grandi parabole (22 metri di diametro) sono visibili dal belvedere del centro storico, che dista solo sei chilometri dalla Base radio Nrtf che le ospita. Una base dotata di ben 46 trasmettitori posizionati all’interno di una delle più antiche sugherete d’Europa, un’area naturale protetta e classificata come sito d’interesse comunitario fin dal 1997.

La Nrtf risale al 1991, e per oltre 20 anni nessuno si è mai posto il problema degli effetti sulla salute del campo elettromagnetico generato da quelle antenne, che si stagliano a perdita d’occhio. Sullo sfondo, in lontananza, il polo petrolchimico di Gela, con i suoi fumi e l’odore acre che brucia la gola. La costruzione del Muos ha attirato l’attenzione su quello che formalmente è un distaccamento della base militare americana di Sigonella (distante 60 chilometri) ma legalmente di proprietà del demanio militare italiano. Su quella base non è mai stato effettuato uno studio di impatto ambientale. “La prima cosa di cui ci siamo accorti, arrivati sul posto per fare i rilievi, è che c’era una base di cui non eravamo a conoscenza – ricorda l’ingegnere dell’Arpas Stefano Caldara – Le antenne della Base radio non sono mai state autorizzate da alcun ente né valutate dall’Arpa, anche perché preesistenti alla nascita dell’agenzia stessa”. Nessuna autorizzazione è stata mai chiesta per la costruzione della base Nrtf, e senza di quella nessun ente è mai stato incaricato di effettuare un monitoraggio della situazione.

Fino al 2008, quando il nuovo progetto arriva sul tavolo della Conferenza degli enti locali, chiamata a rilasciare l’autorizzazione, l’unico studio sulle radiazioni emesse dal nuovo impianto Muos è un documento redatto dagli stessi americani, povero di dati ma ricco di rassicurazioni sulla non nocività dell’opera. Nessun accenno alla base già esistente. In pratica, un’autocertificazione, sufficiente al ministero della Difesa per firmare nel 2006 l’accordo con il governo statunitense che avvia il progetto e lo stanziamento di 11 milioni di euro per i lavori. Lavori che ufficialmente inizieranno solo nel giugno del 2011, con la firma del protocollo d’intesa tra la regione Sicilia, guidata da Raffaele Lombardo e il ministro della difesa La Russa. Molti, tra attivisti del movimento “No Muos” e abitanti della zona, parlano però di scavi e lavori iniziati già nel 2008. La base Nrtf infatti è protetta solo da una recinzione metallica, costruita di recente senza permesso, e dalle case più vicine, distanti poche centinaia di metri, è possibile vedere tutto quello che succede all’interno.

Nel settembre del 2008, le rassicurazioni americane bastano alla Conferenza per concedere il nulla osta. Eppure, il giorno dopo, il comune di Niscemi torna sui suoi passi e chiede la revoca immediata del provvedimento “a seguito di nuovi elementi riportati dagli organi di stampa”. “C’è stata una sottovalutazione – ammette l’allora sindaco di Niscemi Giovanni Di Martino – All’inizio infatti si pensava che alcune delle antenne esistenti dovessero essere sostituite da quelle del Muos. Quando poi un giornalista mi aprì gli occhi sui rischi legati al nuovo progetto, subito ci siamo adoperati per capirne di più”. Da qui in poi inizia una lunga battaglia amministrativa, che culmina con il ricorso al Tar. Nel frattempo però, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpa), viene incaricata di effettuare un monitoraggio della situazione esistente e una valutazione del nuovo impianto Muos.

L’agenzia produce quindi una prima istruttoria già nel febbraio del 2009, ma la valutazione è incompleta: gli americani infatti non forniscono tutti i dati necessari, né sulla base radio né sul Muos, perché coperti da segreto militare. I tecnici dell’Arpa fanno a meno dei dati tecnici e si basano esclusivamente sull’attività di monitoraggio, ma le difficoltà ad operare sono tante. La normativa italiana prevede infatti che venga effettuato con gli impianti operanti alla massima potenza. Ma il 26 gennaio 2009, giorno concordato per effettuare le misurazioni, le centraline, invece di segnare un incremento dell’intensità, registrano un calo. Un dato che suscita i dubbi dei due consulenti tecnici del Comune di Niscemi, i professori Massimo Coraddu e Massimo Zucchetti del Politecnico di Torino, che nel novembre del 2011 pubblicano una contro-relazione alle misurazioni effettuate dall’Arpa. L’Agenzia motiva l’anomalia con l’interferenza della “Verden”, l’unica antenna sempre attiva, quella a bassa frequenza (46 KHz), utilizzata per comunicare con i sottomarini in immersione. Secondo i due consulenti, invece, gli americani semplicemente hanno barato: “Invece di aumentare le emissioni, quel giorno i militari le hanno ridotte”, denuncia Coraddu. L’interpretazione dei due consulenti sui dati raccolti da Arpas divergono completamente da quelle dei tecnici dell’Agenzia. Alcune centraline, ad esempio, rilevano sempre più spesso il raggiungimento dei limiti di emissione, fissati dalla legge italiana a 6 volt per metro. Dati che Arpas motiva ancora una volta con un difetto nella misurazione, causato dall’interferenza della Verden. Alcuni dati poi, non vengono neanche forniti ai due consulenti perché non in possesso del comune. Una circostanza che Arpas ha sempre smentito, confermando di aver trasmesso all’ufficio tecnico del comune tutta la documentazione elaborata dal 2008 in poi.

Le incongruenze si susseguono, tanto che la questione finisce in Assemblea regionale, in un’audizione della Commissione Territorio e Ambiente convocata lo scorso 5 febbraio. Qui emergono tutte le contraddizioni tra i vari studi realizzati sul Muos. Il più controverso è quello prodotto dai professori Luigi Zanforlin e Patrizia Livreri, dell’Università di Palermo. Lo studio, commissionato dalla società Urs di Milano di proprietà di un gruppo californiano, avrebbe infatti utilizzato alcuni dati tecnici forniti dagli stessi americani. Dati che, però, i due tecnici non possono fornire perché coperti da segreto militare. Non solo: i due professori aggiungono che parte delle antenne radio già esistenti verrà spenta quando il Muos entrerà in funzione. Ma il presidente della Commissione, il grillino Giampiero Trizzino, smentisce: “Se ci sono documenti che attestano lo spegnimento delle vecchie antenne appena il Muos entrerà in funzione, io non ne ho visti”. Eppure lo studio dei professori di Palermo, tra dati secretati e rassicurazioni non documentate, viene comunque citato nel Protocollo di intesa.

La storia però cambia quando Rosario Crocetta diventa il nuovo governatore della Regione Sicilia. Di di fronte alle crescenti proteste della popolazione, Crocetta vuole capire se queste antenne possono provocare danni. L’undici marzo scorso un vertice tra Regione e Governo decide di affidare all’Istituto superiore di sanità e all’Organizzazione mondiale della sanità il compito di valutare l’impatto delle emissioni sulla salute e sull’ambiente. Ma non tutta la comunità scientifica ha piena fiducia nell’Istituto. Primo fra tutti il professor Gino Levis, uno dei massimi esperti italiani degli effetti dei campi elettromagnetici sull’organismo. “Sono anni che questi organismi si rifiutano di riconoscere quello che una vastissima letteratura scientifica ha ormai ampiamente dimostrato – spiega  Levis – non occorre la certezza del 100% per poter stabilire il nesso tra le radiofrequenze e l’incidenza di alcune forme tumorali. Ho una pessima opinione di Iss e Oms, ci sono sovrastrutture che condizionano questi istituti. La situazione sanitaria a Niscemi è stata monitorata solo di recente, si sono attivati anche i medici di base del paese, i dati mi hanno impressionato, ma non ho tutti gli elementi per poter dare una valutazione complessiva”. Da quello studio infatti, spiegano alcuni dei professionisti impegnati nel monitoraggio, sono emersi livelli elevati per alcune tipologie tumorali, alcune delle quali si riscontrano solitamente in aree interessate dall’inquinamento elettromagnetico. Mancano però i dati storici e una precisa comparazione con altre aree della Sicilia e del resto d’Italia.

Gli interessi in ballo però, sono enormi, difficile che gli americani decidano di rinunciare ad un progetto miliardario per l’opposizione del comune e dei comitati. Nel 2010, dai dispacci diplomatici pubblicati da Wikileaks emergono le pressioni esercitate, nel 2009, sull’allora ministro della Difesa La Russa per accelerare l’avvio dei lavori del Muos. Gli americani incontrano molte resistenze dagli uffici del Governatore Lombardo e temono uno stop. Si ipotizza lo spostamento del progetto in un altro sito nell’area del Mediterraneo, ma l’atteggiamento disponibile degli italiani convince i vertici Usa a puntare tutto sul nostro paese. La Russa ora nega, eppure sono gli stessi americani a parlare di “utili dichiarazioni pubbliche rese dal ministro” per convincere l’opinione pubblica.  “Nessuna pressione, ho fatto tutto di mia iniziativa, per scrupolo personale – ci spiega al telefono l’ex ministro – il progetto era già stato approvato, potevo anche renderlo esecutivo senza neanche  valutarlo. E quei documenti lo testimoniano”.

Il caso Muos finisce anche nei verbali dell’inchiesta di Napoli sulla compravendita dei parlamentari che nel 2008 portò alla caduta del Governo Prodi. Il senatore De Gregorio, interrogato,  parla della preoccupazione degli americani per l’ostruzionismo al progetto da parte dell’ala più radicale dell’esecutivo . Poi è Crocetta a parlare espressamente di minacce politiche e poteri forti. Gli stessi poteri secondo lui, che avrebbero portato alla sparizione del Presidente dell’Eni, Enrico Mattei. “Non so se quanto detto da De Gregorio sia vero, ma è lui stesso a dire di essere stato contattato dalla Cia per far cadere il Governo Prodi perché contrario al Muos. Io di pressioni politiche ne ho ricevute tante, anche dagli americani. E poi quella strana telefonata dagli Stati Uniti che mi minacciava di morte: solo alla luce degli ultimi eventi ho iniziato a vedere la cosa da un’altra ottica”.

Più che la Regione però, a far paura agli americani è il versante giudiziario, con l’attivismo della procura di Caltagirone. Secondo i magistrati guidati dal procuratore Francesco Paolo Giordano, nella costruzione del Muos sarebbero state commesse numerose irregolarità, violando le norme previste per le aree protette. L’area è già stata posta sotto sequestro nell’ottobre 2012, ma il tribunale del Riesame ha annullato l’ordinanza. Tutto dipenderà dall’esito del ricorso in Cassazione. Se il sequestro venisse confermato, l’inchiesta potrebbe allargarsi ancora.
di MARINA BONIFACIO, ANNALISA CANGEMI, CARLO DI FOGGIA, CLAUDIO PAUDICE

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